Fimmine Ribelli di Lirio Abbate

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E’ difficile essere donna in Calabria, soprattutto nella Piana di Gioia Tauro, dove ancora purtroppo impera una sub-cultura che  la vorrebbe ancora in casa dietro i fornelli e incinta.

Ancora oggi, nella piana di Gioia Tauro, se una donna riesce ad imporsi nel mondo sociale e culturale, la stragrande maggioranza delle persone, giustifica l’affermazione perché:” è figlia di…”,”è  moglie di…”, “è amante di…”.

La situazione della donna  nella Piana di Gioia Tauro peggiora ulteriormente se appartiene ad una famiglia ndranghetista, in cui il destino della figghia è già deciso in tutto e per tutto dal padre.

Tante donne appartenenti a famiglie di ndrangheta lasciano la scuola molto presto e, giovanissime, sono costrette a sposare uomini che neanche conoscono, ma che permetteranno alla famiglia un posto strategico nel gioco di comando della zona.

Per queste donne non c’è spazio per l’Amore, per i loro sogni e le loro ambizioni.

Lirio Abbate giornalista de l’Espresso nel suo libro dal titolo “Fimmine Ribelli”, racconta  a grandi linee delle donne di ndrangheta che però ad un certo punto del loro percorso di vita si ribellano e decidono di passare dalla parte dello Stato.

“Mio padre ha due cuori: la figlia o l’onore? In questo momento dice che vuole la figlia, però dentro di lui c’è anche quell’altro fatto.”

Queste parole le ha pronunciate Maria Concetta Cacciola , trent’anni, tre figli, colpevole di aver tradito il marito e di aver deciso di collaborare con la giustizia seguendo l’esempio di Giuseppina Pesce di Rosarno, anche lei giovane madre che si ribella alla ndrangheta.

Purtroppo Maria Concetta Cacciola non ce la fa e muore ingerendo(?) acido muriatico.

O ancora come Rosa Ferraro che da badante di un’anziana componente della famiglia Pesce, tra le più potenti nel clan rosarnese, aveva visto di tutto dal traffico di droga a quello di armi e documenti falsi e che decide di schierarsi dalla parte della giustizia in uno dei più grandi processi alla ndrangheta di tutti i tempi.

E poi ancora Simona Napoli, Angela Costantino e tante altre.

Nelle famiglie di ndrangheta la donna che disonora la famiglia deve morire, meglio se con un suicidio che tutela dalle conseguenze penali. Attraverso le storie di queste donne, Lirio Abbate con la sua penna vera e graffiante, racconta uno spaccato di apparente normalità dietro cui si nascondono una frenetica attività criminale, patrimoni immensi e un radicamento a una cultura patriarcale antiquata e retrograde.

Ma la ribellione delle donne, produce un effetto dirompente.

Perché sgretola l’immagine di compattezza del clan, mette in dubbio i valori del sistema ‘ndrangheta, rivela l’impotenza dei boss incapaci di “tenere in riga” le loro donne. E, soprattutto, accende nelle altre ‘fimmine’ la consapevolezza della propria condizione e il desiderio di scrollarsela di dosso, facendo nomi rivelando tutti i retroscena.

Un libro che svela il volto oscura di una terra che io definisco “maledettamente bella ma maledettamente maledetta”.

Lirio abbate nel raccontare la storia di queste donne, si sofferma su episodi di vita quotidiana che rasentano l’incredibile ma che rappresentano la realtà, come per esempio i  matrimoni  sfarzosi,  con pranzi  da far invidia a Lucullo e Trimalcione, in locali molto kitsch.

La sposa che fa il giro dei negozi : gioiellerie, mobilifici, abbigliamento, sceglie tutto e non paga niente. Al posto dei soldi c’è l’invito per il matrimonio.

Spesso i matrimoni sono  occasioni ideali per scegliere il Nuovo capo crimine come   la festa della Madonna di Polsi lo è per ratificare la sua nomina.

Un libro che fa venire i brividi, che fa paura, ma assolutamente da leggere.
Lirio Abbate Inviato de “L’Espresso”, è autore di numerose inchieste giornalistiche sulle mafie e le collusioni dei politici con i boss.
Negli ultimi vent’anni si è occupato dei principali scandali italiani su criminalità organizzata, tangenti e corruzione.
È passato dalla cronaca giudiziaria al giornalismo investigativo.
Nel 2007 ha scritto con Peter Gomez I Complici.

Nel 2010 ha vinto il Premiolino.
Fra le sue pubblicazioni ricordiamo I complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al parlamento (2007), Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il Paese dalla ‘ndrangheta (2013), I re di Roma (2015), nel quale racconta nascita e sviluppo di “Mafia Capitale”, l’inchiesta che ha investito Roma nel dicembre 2014, mettendo a nudo i legami fra criminalità organizzata e istituzioni e La lista. Il ricatto alla Repubblica di Massimo Carminati (Rizzoli, 2017).

 

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