IL CAMINO

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Nelle casette dei contadini calabresi, il camino era  presente in ogni cucina, serviva per scaldare e cuocere le pietanze, era il cuore della casa.

Nei mesi invernali, rimaneva acceso tutto il giorno fino a sera tardi.

Nel camino si cucinava il pranzo e la cena, nella cenere calda si cuocevano le patate. Spentosi il fuoco, le braci venivano utilizzate per scaldare le lenzuola per mezzo di uno scaldaletto .

La cenere veniva adoperata in lavanderia per lavare i  panni.

IL  caminetto era il luogo in cui nelle fredde sere  invernali, le famiglie si riunivano per parlare confrontandosi sulle difficoltà quotidiane e dove i più piccoli ascoltavano le vecchie storie raccontate dagli anziani.

La notte di Natale si attaccavano al camino le calze e Babbo Natale provvedeva a riempirle di dolciumi e qualche monetina.

Al borgo natio tutti avevano il camino, ricordo in particolare quello di comare Grazia e compare Stefano Pellizzeri, era grandissimo e nelle fredde  serate invernali, sua figlia Maria si sedeva per riscaldarsi.

E poi ricordo il camino grandissimo che si trovava  nella casetta dove  nonno Ferdinando  aveva il podere.

Lo ricordo come fosse un sogno, come se non fosse mai esistito.

Attaccata alla casa c’era la legnaia e il pollaio, con dentro un albero di limoni e l’odore delle uova si confondeva con quello dei limoni.

Oggi spesso il camino viene considerato un elemento d’arredo, ci sono perfino i camini finti, e c’è persino chi lo ha e non lo usa.

Io, in questi giorni di freddo e dolore, non posso non ricordare la fiamma del camino al borgo natio.

Quella fiamma che ardeva tutto il giorno, fino a notte tarda, era per me una persona, un amico che ti viene a trovare, che ti consola e ti invita a sperare in un domani migliore.

Ricordo che nella casa dove sono nata, non c’era il camino, mentre tutto il vicinato lo aveva, allora io avevo chiesto a papà se  potevamo averlo anche noi.

Papà era   sempre buono e generoso e  mi aveva  subito accontentata.

Ricordo ancora la mia gioia, anch’io come Pinuccio, il mio compagno di giochi  e tutto il vicinato avevo un caminetto!

La mia gioia  era immensa, la ricordo ancora con infinita  emozione.

Dimenticavo di dire che le comari del paese, lo chiamavano “u focularu”.

Ricordo i profumi: della la carne, del  pollo e  dei legumi, i quali cucinati nel camino  erano più saporiti.

A volte con le mie compagne di giochi, mangiavamo le arance e i mandarini e buttavamo le bucce nel camino.

Il profumo era quasi magico!

Profumi che ora sono divenuti indimenticabili, incancellabili.

E poi ricordo ancora il  caminetto dell’altra casa dove, ci siamo trasferiti, quando io avevo 10 anni.

Quel caminetto mi ha fatto compagnia negli anni dell’adolescenza e oltre.

La sera, dopo che tutti andavano a dormire, io restavo seduta davanti al caminetto e quella fiamma cancellava tutta la mia tristezza.

Ricordo ancora un giorno, quando  a scuola  la  mamma di un alunno, mi aveva ferita con la sua arroganza e i suoi modi  poco gentili, io sentivo la mia anima spezzarsi.

Volevo piangere, i miei sogni erano altri, non quella vita fatta di dolore e umiliazioni gratuite, quella vita non mi apparteneva  e   non mi appartiene ancora,  non sarà mai mia, perché io sono altro.

Ma questa è un’altra storia.

Piangevo, ma a poco a poco la fiamma del camino, calda e forte, era arrivata fino alle stanza più remote del mio cuore, sciogliendo il dolore.

Il dolore era scomparso ed ero andata a dormire con la certezza che il domani sarebbe stato migliore.

Non è stato così, ma quel calore mi aveva donato un pochino di serenità.

Non posso non ricordare il camino di un ristorante “La Chiesetta”in terra mamertina ( adesso non c’è più).

Andavamo a mangiare il martedì con Serafina Battista e Lidia Leuzzi, dopo mangiato la proprietaria ci permetteva di sederci davanti al camino, per me era una gioia immensa, un attimo di serenità nel buio di quei giorni.

Oggi non ho più un camino e quando sono triste, nessuno mi consola.

La fiamma del camino mi manca terribilmente.

Ma la dea speranza, si ostina  a farmi  compagnia con le sue illusioni, ed  io imperterrita continuo a sperare: un giorno avrò  un camino. ( Spes ultima dea,  si riferisce alla storia narrata nei miti dell’antica Grecia secondo cui la dea Speranza non abbandonò gli uomini come fecero invece tutti gli altri dei che si recarono sul monte Olimpo).

Un giorno vorrei avere un camino tutto per me, una fiamma che ritorni a riscaldarmi, a cui  raccontare, raccontarmi   e  sognare ancora.

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