L’ESTATE

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L’estate è la seconda stagione dell’anno, segue la primavera e precede l’autunno.

Tradizionalmente l’estate arriva il 21 giugno, giorno in cui la Chiesa ricorda San Luigi Gonzaga.

L’arrivo di questa stagione, mi riporta al borgo natio, quando  al primo chiarore dell’alba echeggiava il canto dell’usignolo, il concerto degli uccelli tra gli ulivi, seguiti dal chicchirichì del gallo e  dal  canto di Massaro Cesare.

Al borgo natio , l’estate per me arrivava il 13 giugno,  quando andavo a Melicuccà dal caro  e amato

Sant’ Antonio.

La mia bisnonna Teresa Gentiluomo, raccontava che il 13 giugno a Melicuccà vicino alla chiesa vendevano le prime ciliegie foriere della calda stagione.

L’estate era per me,  la  stagione dedicata in assoluto ai  libri,  che adoravo leggere tra gli ulivi, era il mare della Tonnara di Palmi, infinita distesa d’azzurro, lo scoglio dell’Ulivarella e  il tramonto che ammaliava la mia anima con lacrime di fuoco.

Era ascoltare le canzoni di Madonna, ricordo Live Tu Tell,  allora a soli 16 anni non sapevo che anch’io un giorno, avrei avuto una storia da raccontare,  anzi, tante  storie da raccontare.

Ricordo mia nonna  Caterina seduta sull’uscio di casa e i vasi pieni di bellissimi fiori:  gladioli, gerbere e l’Anthurium.

Al borgo natio non c’era niente, non c’era  quello che  io sognavo: teatro, cinema, associazioni, convegni, lungomare, monumenti, musei,  pinacoteche, collettive d’arte, concerti.

C’era solo la mia solitudine, i miei libri e la mia musica.

Ma c’era anche  il mio sole, che splendeva caldo e forte tra gli ulivi   e la speranza.

La speranza che un giorno i miei sogni si sarebbero realizzati.

Oggi, tante estati ritornano al mio cuore

Estate  1981, quando ascoltavo  Amoureux Solitaires di Lio.

Nella casa appena costruita di zio Vincenzo, c’era una veranda molto graziosa, con vista sugli ulivi; nei lunghi pomeriggi baciati dal sole, ascoltavo lì la mia musica e sognavo che un giorno, anch’io avrei avuto una casa così bella.

Per molte  estati, prima dell’arrivo dello zio con la sua famiglia, andavo lì per sognare, leggere e ballare da sola. Sola tra gli ulivi.

Estate 1982,  una bellissima Loredana Bertè cantava “Non sono una signora”, la vittoria dell’Italia ai Mondiali in Spagna e la gioia del mio amato presidente Sandro Pertini, le passeggiate  tra gli ulivi con Montagnina, a volte con Tina e Silvana.

Quando era piccina, invece, passeggiavo  insieme alla mia cara  nonna Grazia Mamone.

Ricordo il sole così caldo e le lucertoline che ci seguivano, ci sorpassavano.

Nonna diceva fossero le anime dei suoi defunti che la venivano a trovare.

Papaveri e pratoline ammaliavano la mia anima.

Estate 1985 cantavo Don’t You (Forget About Me) dei Simple Minds.

Sognavo di non essere dimenticata…

Luglio 1992, la morte di Paolo Borsellino, il mio dolore.

Quel giorno indossavo un abitino verde, grazioso, i miei lunghi e folti capelli neri, il sogno di quel luglio meraviglioso, grande che non si è realizzato e mai si realizzerà, è rimasto solo il dolore per la morte di Borsellino e prima ancora di Giovanni Falcone.

Mi facevano compagnia i canti delle cicale e le serenate dei grilli.

Una notte ho trovato un grillo sul comodino, nella mia cameretta.

Estate  1993, alla Tonnara di Palmi, una notte c’era stato un  forte temporale, sono andata  presto  sulla spiaggia dell’Ulivarella a cercare conchiglie, ne trovai tantissime, le conservo ancora.

Quel giorno conobbi Rosy una meravigliosa donna Toscana, siamo diventate amiche, lo siamo ancora, le voglio un mondo di bene, è stato un  grande regalo dell’estate 1993.
Imperdibile  in estate  era assistere alla  notte di San Lorenzo o “delle stelle cadenti” dove esprimevo il mio  desiderio.

Ma dopo San Lorenzo  e Ferragosto  mio nonno diceva:”Agustu  rigustu è capu d’imbernu”

In effetti aveva ragione perché piano piano le giornate cominciano ad accorciarsi, già il tramonto è foriero di lontane nostalgie.

Al borbo natio si pensava all’inverno che iniziava a danzare nell’aria come un fantasma venuto dagli oceani del tempo.

Mia nonna e le sue vicine  ad agosto essiccavano i pomodori che sarebbero divenuti un ottimo contorno in inverno.

Tutti i balconi  del borgo  si riempivano di “ferlazze” dove i pomodori adagiati sapientemente si “abbronzavano” al caldo sole.

Erano i giorni delle “buttigghie” e della “cunserva” cioè il sugo di pomodori e i pomodori tagliati a fettine e conservati nei barattoli .

Ogni famiglia li preparava per l’inverno.

Le massaie arrostivano le pannocchie  e i peperoni, che costituivano la cena, dopo un lunga giornata di lavoro.

Io adoravo le pannocchie arrostite e per me vedere le massaie intente a tagliare i  pomodori era una festa.

Nonna preparava le melanzane  nel “carneli” un recipiente di terracotta dove peperoni e melanzane venivano messe in salamoia.

In inverno si friggevano ed erano l’apoteosi del gusto, non ultimo la giardiniera di melanzane, anch’essa futuro contorno  invernale.

Le massaie essiccavano al sole anche i fichi dall’indimenticabile profumo e  l’ estate diventava la mamma  dei profumi, dei colori  e della bellezza dei fiori tra gli ulivi.

Al podere del nonno l’odore della terra danzava nell’aria, ricordo una sera rientravamo a casa con papà, il rosso del tramonto danzava tra gli ulivi, massaro Cesare rientrava con il suo carro pieno di fieno.

Tre Imperdibili appuntamenti dell’estate erano: la visita alla Madonna dei Poveri a Seminara ,a San Rocco d’Acquaro la mattina presto e la sera a vedere il cantante e i fuochi d’artificio spettacolari a San Rocco a Palmi.

Era e lo  è ancora  lo stesso San Rocco, ma mia nonna la pensava come don Luca Asprea: ”San Rocco d’Acquaro è sempre San Rocco d’Acquaro”.

Zio Ciccio arrivava da Roma per andare solo ed esclusivamente a San Rocco d’Acquaro.

Ma era ed è lo stesso identico San Rocco di Montpellier.

Il 15 agosto dalla Piana di Gioia Tauro  e anche dal borgo natio, partivano carovane per andare a San Rocco a piedi.

Io li guardavo passare sotto casa e li invidiavo, perché avrei voluto unirmi a loro, ma papà non voleva.

Ero il 1986, ho pianto dalla delusione.

A Palmi  è emozionante vedere la processione dove molti fedeli, gli spinati, sfilano in veri e propri involucri fatti con  spinosissimi rovi,  in segno di ringraziamento per la grazia ricevuta.

A Seminara  è meraviglioso vedere i giganti Mata e Grifone, che rappresentano un principe saraceno che durante un’incursione in Calabria si era innamorato di una bellissima ragazza calabrese.

Le due figura portate da due uomini mimano la scena del corteggiamento con una danza ritmata dalla cosiddetta banda pilusa, cioè composta da  strumenti derivanti dalla pelle della  pecora: tamburi, tamburelli e zampogne.

La Madonna dei Poveri è così denominata perché si narra che, dopo il suo miracoloso ritrovamento, risultò impossibile da sollevare a tutti coloro che ci provarono tranne che a un gruppo di povera gente, che portò così in trionfo per le vie di Seminara questa regina dalla pelle nera.

Ogni anno è un’infinita ed indescrivibile emozione assistere all’uscita della chiesa della statua per la processione con il palio e i giganti.

Una Madonna che dispensa grazie a chi la invoca.

Se chiudo gli occhi rivedo la mia famiglia sulla  Fiat 127 andare a Palmi la sera, passeggiare tra le bancarelle che profumavano di noce di cocco e zucchero filato, che papà puntualmente ci comprava; sento ancora le canzoni cantate dal cantante di turno, e sogno ancora pensando ai bellissimi fuochi pirotecnici , la “botta scura” era favolosa.

Allora i fuochi più belli, erano quelli  palmesi.

Don Saro diceva che gli emigranti lasciavano Palmi subito dopo i fuochi d’artificio.

A proposito di emigranti, d’estate il borgo natio si riempiva di gente che arrivavano: dall’Australia, dal Canada, dalla Francia, dall’Argentina e dal Nord Italia; ritornavano le famiglie che ai primi del novecento e negli anni 50 avevano lasciato il borgo in cerca di fortuna.

Erano tutte amiche e comari di mia nonna e per me  il loro ritorno era una festa, perché portavano tanti regali: magliette carinissime, dolciumi, ma soprattutto una signora che abitava in Francia mi portava “lo zucchero a quadretti”,  zucchero in zollette,  che io adoravo e  piccole bottiglie di profumo di diverse essenze.

Io li chiamavo i profumi francesi e adoravo cambiare essenza,  tutte le mattine e tutte le volte che uscivamo.

Ai tempi dell’Univeristà ricordo che il 18 agosto riprendevo a studiare per dare esami.

Ma non era ancora finita l’estate , le cicale cantavano ancora e i grilli insistevano con le loro serenate, mamma diceva che a settembre finchè non sarebbe iniziata la scuola, potevamo ancora andare a mare.

Mi consolava così.

Anche quest’anno è arrivata l’estate!

La vergine di Seminara e San Rocco mi aspettano ed io aspetto di volare da loro, aspetto nuovi libri, nuove parole in prosa e in i versi, nuovi incontri, convegni e articoli.

E’ arrivata l’estate, la piccola poetessa della piana sogna i ricordi del cuore, il perduto amore, la nonna che non c’è più, l’altalena tra gli ulivi, i canti e  la tazzina del caffè sul tavolino.

Un giorno d’estate ho guardato gli ulivi del borgo natio e ho pensato che sarei rimasta per sempre lì, invece sono scappata per non ritornare più.

Era estate, è estate e per una sorta di perversione mentale, ho nostalgia.

Per una sorta di perversione mentale,  tutto ritorna al mio cuore.

E’ estate e la piccola poetessa della Piana non ha smesso di sognare e aspetta ancora.

 

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