La possibilità di insediare a Gioia Tauro il Polo nazionale del DRI e il rischio di un colossale greenwashing: la Calabria non può diventare la nuova Taranto. Serve subito un dibattito pubblico, prima che sia troppo tardi.
Con profonda preoccupazione, esprimo la mia ferma contrarietà e invito a una riflessione collettiva sul progetto di realizzazione del Polo nazionale DRI per la produzione di acciaio cosiddetto “green” e del rigassificatore nell’area portuale di Gioia Tauro.
Il 6 agosto 2025, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha reso noto l’insediamento del Comitato tecnico incaricato di vagliare la possibilità di insediare proprio a Gioia Tauro il Polo nazionale del DRI, destinato ad assicurare la produzione nazionale di acciaio “green”. Alla riunione, in videoconferenza, hanno partecipato il ministro Adolfo Urso, il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, i sindaci di Gioia Tauro e San Ferdinando, oltre a rappresentanti di SNAM, del MASE, dell’Autorità Portuale e dei Commissari Straordinari dell’ex Ilva.
È chiaro, dunque, che non si tratta più di semplici ipotesi, ma di un percorso avviato con il dichiarato obiettivo di trasformare Gioia Tauro nell’alternativa a Taranto. E proprio questa è la questione centrale: vogliamo davvero che la Calabria diventi la nuova Taranto del Sud, con tutte le devastanti conseguenze ambientali, sanitarie e sociali che ciò comporterebbe?
La lezione di Taranto è sotto gli occhi di tutti. Dove è arrivata la grande industria siderurgica, si sono registrati livelli altissimi di inquinamento, con ripercussioni gravi e permanenti sulla salute dei cittadini. Parlare oggi di “acciaio verde” non cambia la sostanza: non può essere definito green ciò che si basa su combustibili fossili e su gasiere gigantesche.
Questa è l’essenza del greenwashing: usare un linguaggio rassicurante e accattivante per rendere accettabili progetti che, nella realtà, di sostenibile non hanno nulla. Non basta etichettare “green” un’infrastruttura per renderla compatibile con l’ambiente.
La Calabria non è una terra da sacrificare. È una regione vocata al mare, all’agricoltura, al turismo, alla vita. Un territorio che negli ultimi anni, pur tra mille difficoltà, ha costruito la propria identità e la propria economia sulla valorizzazione delle sue bellezze naturali e culturali. Pensare di insediare un polo siderurgico e un rigassificatore nella Costa Viola e a pochi chilometri in linea d’aria dalla Costa degli Dei, uno dei poli turistici più importanti e rinomati d’Italia, significa minacciare direttamente la principale risorsa economica e sociale delle nostre provincie.
Non si può parlare di sviluppo se questo avviene al prezzo della salute dei cittadini e del futuro delle nuove generazioni. Non si può parlare di progresso quando si procede senza trasparenza, senza un vero ascolto delle comunità locali, senza uno studio d’impatto ambientale serio, indipendente e condiviso.
Ciò che è ancora più grave è il rischio che tutto questo passi in sordina. In queste settimane l’attenzione pubblica e mediatica è interamente catalizzata dalle imminenti elezioni regionali. Nel frattempo, decisioni che segneranno il futuro della nostra terra per decenni rischiano di essere prese nel silenzio, lontano dal dibattito democratico, senza che i cittadini ne siano davvero consapevoli.
Per questo faccio appello ai sindaci, agli operatori turistici, alle associazioni, ai comitati civici, alla società civile tutta: non lasciamo che il nostro futuro venga deciso altrove e senza di noi.
La Calabria merita sviluppo sostenibile vero, basato su energie rinnovabili, economia circolare, tutela dell’ambiente e promozione del turismo. Non la menzogna del greenwashing. Non un futuro che ci trasformi in un polo industriale pesante, a scapito della nostra salute, delle nostre coste e della nostra identità.
Antonio Piserà
Ex consigliere comunale di Tropea
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