Il paesaggio ha esercitato un grande fascino nella poesia e nell’arte basta pensare ad autori come Goethe, Wordsworth, inseparabile attimo metafisico che a partire dal XVII secolo ha proseguito fino ai secoli più recenti con il movimento naturalista ed impressionista che probabilmente hanno ampiamente influenzato Nino Romano che nelle sue opere divengono narrazione di una sehnsucht (struggimento, passione, nostalgia di storie multiple delle nostre terre di richiamo a culti, riti, di vicissitudini quotidiane in cui la pesca, in particolar modo, scandiva una certa spiritualità nello scillese; secondo la leggenda, infatti, Scilla era una bella ninfa dagli occhi azzurri che colora le acque scillesi. Pescatori e contadini, tempesta e bellezza dei luoghi, vicoli e nature morte rendono su tela racconti multipli dell’animo umano di una Calabria che ancora è in grado di catturare magicamente chi vuole sentire gli echi lontani del Mediterraneo, crocevia del mondo, di cui Scilla è stordimento emozionale. Questa è la terra di Nino Romano la cui storia artistica è legata a numerosissime mostre collettive e personali a partire dal 1980 hanno avuto la possibilità di essere ammirate anche oltre i confini nazionali e internazionali.
Nell’opera di Nino Romano il paesaggio è raffigurazione naturale, proiezione e contemplazione del creato i cui colori danno l’idea di una armonia leggibile nell’impianto pittorico che risponde a cromie in grado di emanare stordimento e piacevolezza, emozionalità e piacere tra tanti paesaggi carichi di magici come in Tramonto sullo stretto (olio su tela).
Dalla terra al mare, il paesaggio di Nino Romano storicizza luoghi, tradizioni e operosità della civiltà contadina che, allo stesso tempo diviene riconoscimento di vita di ieri e di oggi raggiungibile attraverso la memoria, la ricordanza ancora in grado di proiettare speranze altre, come ben narrato nell’opera Verso l’infinito e in Scilla scorcio di marina grande. Il mare e la terra nelle opere di Romano esprimono il mito di una identità mediterranea il cui fascino è sintetizzato e interiorizzato nella pienezza della luce, da ombre che danno vitalità ai luoghi come in La raccolta delle ulive in cui il contadino piega la schiena per raccogliere il frutto dalla pianta voluta da Atena, la pianta sacra il cui liquido ha segnato re, imperatori e papi. Dall’alto della roccia il mare spumato di Scilla accarezza la bellezza dei luoghi (Mare d’inverno) quanto il riflettersi dell’antico borgo (in Scilla). Vedute naturali dalle mille funzioni comunicative tra estetismo e lirismo, tra sogno narcotizzante e piacere di vivere tanta unica bellezza del luogo raffigurato secondo i canoni della composizione, tecnica della prospettiva e regole prospettiche.
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