“Una questione d’onore – Mio fratello” . Di Pino Neri

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Pino Neri, inizia la collaborazione con MeditetraneiNews e ci pregiamo di averlo nel nostro quotidiano online. Nato a Nicotera (VV) nel 1944, insegnante, collabora da tempo alle pagine letterarie de la Gazzetta del Sud, Il Quotidiano della Calabria, Il Domani, Corriere Calabrese, Il Messaggero, Coscienza storica, L’altra Europa, Periferia, Letteratura italiana.

Il tutto, il nulla e il logorio della passione in questo avvincente monologo di Pino Neri. La terra maledetta, la morte. La paura e il pentimento. L’angoscia e l’insicurezza di fronte a un gesto fratricida che va oltre il voluto bruciando l’anima e la vita.

Niente è accaduto fintantoché decido di pensare che non ho commesso qualcosa di grave, e che se l’ho ammazzato è stato solo per difesa, o per paura, o forse anche per l’angoscia di non permettere ad un altro di distruggermi. Quindi pura consuetudine della difesa. Ma c’è lo stesso dolore nell’assenza della coscienza. Cioè il fatto che di fronte all’opinione della gente debba essere già un assassino, o considerato tale, un fratricida. Non importa più. Gli altri, per quanto mi riguarda, non esistono e la coscienza, la mia, in questo momento, è simile ad una biglia di vetro, piccola, rotonda, che basta solo scalfire, mutare, perché c’entrino l’alibi e le decisioni.”

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Quello che mi disturba di più è l’immagine, che tento inutilmente di scacciare dal cuore, del corpo steso sul campo, bocconi, nel verde dell’erba macchiato di sangue, il tentativo estremo di chiamarlo in vita, gridandone, con l’affetto perduto, il nome, e poi le coltellate inflitte nella parte destra del fianco, la scoperta degli occhi suoi aperti, grandi, buoni, ma privi di vita, occhi grandi come il nostro mondo innocente di bambini.”

Cristo! Ho pensato d’avere vinto la grande battaglia, ritrovare la vigna, antico affetto di mio padre, la vigna assolata, coi grappoli duri, la vigna silenziosa, bellissima, che m’avevi rubato, fratello. Ma tu, tu, albero della mia casa, adesso tra sassi e polvere, non più con lo sguardo al sole, hai avvelenato il mio cuore pentito. Ecco il mio cuore stretto sul cavo della mano! Non mi pare vero, non mi pare vero, avere chiuso la tua vita per un pezzo di terra. L’unico fratello col quale ho condiviso gli anni più teneri della nostra infanzia, le notti di luna sui campi in fiore, il bagno a bracciate nel canale in quelle belle estati roventi senza filo di vento, e poi a ridere, ridere insieme sulla strada di polvere. Incrociavamo le biciclette proseguendo la breve vita di fanciulli per arrivare alla frescura del mare, alla soffice brezza sul nostro cielo celeste. O terra, che dividi l’animo dei fratelli, o deserto che bruci l’anima dell’uomo, quante volte sbocconcellando il pane insieme, seduti sull’erba, quasi assieme assopiti, guardavamo l’orizzonte lontano, sognando il nostro futuro, insieme…insieme!”

imagesCercavo la tua fronte per toccarla, le labbra per sentire se erano ancora vive, calde, invece che inerti, dure, fredde, per convincermi che non avevo ripetuto il delitto dei nostri progenitori, dopo millenni di storia, che non mi sentivo Caino.”

Cristo, pensavo, mentre gli occhi andavano dalla spoglia vizza e immobile al cielo in penombra dello scuro tramonto. Cristo, non è possibile che sei morto. Non volevo proprio ammazzarti. Ti ritrovo orgoglioso nei giochi di bambino, ti ritrovo nel tuo splendido sorriso, nel bizzarro incazzarti per tutto quello che volevi strapparmi. Orgoglioso, eri orgoglioso e grande, ma superbo e pieno di boria, spesso mi facevi pure incazzare, più bello di me. Un sudore gelido, un tremito è in tutto il corpo. Mi sento invigliacchito e svigoriti sembrano essere i miei muscoli all’improvviso, un cerchio di fiamme è la testa chiusa in convulsi ripensamenti. Gli occhi non sanno piangere, magari lo facessero. Pia abitudine che non ho mai conosciuto.”

Cristo, dove sono le passioni di un tempo, la forza, il cuore di leone? Perché, perché ho dovuto ammazzarti, per la maledetta terra che divide l’animo degli uomini, divide gli affetti, spezza il sangue, grida vendetta a Dio ?

Cristo, la mia morte, la mia distruzione volevi, disgraziato, e la mia roba. Mi sfidavi. Avevi pure questo coraggio.”

Devo dirlo a tutti, a tutti…Lui si sentiva guappo e capace, e io avrei dovuto sbracarmi, dargli tutto quello che avevo conquistato con sudore e sangue.”

Ma non volevo che morisse. Si, si, proprio cosi’. Volevo solo intimorirlo. E mi baciava la mano, prima di cadere. Io lo chiamavo, lo chiamavo senza bisogno più di sfidarlo, specie, quando, pallido, con un lieve ultimo sorriso, cancellava la lite, domandandomi perdono.”

*”Cristo, le cicale. Non si sopportano le cicale che gridano sugli ulivi. E anche il sole, questo sole picchia, apre i nervi, i muscoli. Mi distrugge il sudore. Se solo potessero tacere un momento. Estate, dura estate di caldi che m’hai invogliato a chiudere la vita di mio fratello: Duro è stato il mio cuore, ma sono qui, sul ciglio della vallata verde a piangere, piangere inutilmente.”

Ma no, è il silenzio di questo campo lungo che finisce sulla vallata. Il silenzio di questa erba che pare faccia fatica a muoversi. Neanche un soffio di vento, poi.”

M’ha sfidato, m’ha sfidato”.

Cristo come non è difficile morire. Pensavo solo alle botte, una lezione che si meritava da tempo, invece l’ho ficcato con tutta la forza il coltello, e m’ha ceduto di schianto, aggrappandosi ai miei fianchi.”

Un rombo di motori, un clacson?”

No, no. Siamo soli.”

Interrarlo, cosi’ non si saprà niente di lui, di me. Eravamo solo in due. Io e lui.”

M’ha costretto ad interrompere 3terrabruscamente il dialogo. L’ho picchiato a sangue, perché è il maledetto carattere selvaggio che mi riporto da sempre. Da bambini fu lo stesso. Ci siamo picchiati, giù nella vigna della vallata. E torno con l’occhio pesto, con la gola tumefatta e sanguinante. Ma quando m’accorsi, piangendo lo abbracciai. Allora sapevo piangere. Facemmo la pace, per timore che i genitori ci scoprissero pallidi e coi lividi, tingemmo i visi con polpa d’uva e tornammo sull’aia cantando e ridendo. La luce dell’alba era bellissima, una gran luce d’estate, un’alba di grandi sogni. Un contadino ci cacciò, menandoci, perché disturbavamo distraendolo dalle prime fatiche della vendemmia.”

O Dio ! Non si alza, non si alza. L’ho ammazzato per un filo di terra. Non mi pare giusto adesso che non si alzi. Che non torni a tingersi il viso, e ridere, ridere, mostrando i denti bianchi e puliti, nonostante la sua età. Oppure scherza, lo fa per intimorirmi, perché sa che dopo ogni volta che lo picchio m’assale l’angoscia, ed ho un solo filo di voce, tanto la bocca è secca e il cuore è impazzito. Si, forse dietro il viso nascosto tra le foglie non c’è nessuna morte, nessuna.”

Ero convinto che m’avrebbe restituito la terra, che avrebbe spostato il limite. Invece non solo non volle spostare il grosso cuneo all’angolo, dietro la siepe di fichidindia che segnava il confine tra la mia e la sua proprietà, ma addirittura avanzava pretese. Sicchè mi rubava. Un ladro. Vantava diritti che non gli competevano.”

E che premura nel convincermi : “Sicchè Berto, facciamo pace. Tu non puoi pretendere che il mio terreno sia solo la costa dei fichidindia. Quella è terra bruciata, amara, incolta, manco la gramigna vi cresce, né si può concimarla o zapparla. Lavori inutili. E io ho figli .Mi tocca parte del campo sopra la vallata, parte della vigna.”

E qui ho sbagliato nel dire, perché non riuscii a controllare le parole: “Inutile, inutile.” Il campo, la vigna e metà della valle sono miei per testamento. Ho avuto io dai genitori, perché ho studiato e lavorato. Tu sei andato per il mondo, militare prima, città e donne poi. Volevi raccogliere i frutti del lavoro degli altri? L’ho zappata e concimata questa terra, ho dato il mio sangue e la vita, e adesso vedi come risplende tutta. Non c’è un solo albero secco, un solo tratto, una sola zolla che non siano stati rimossi.”

Mi rispondeva ripiegando il mento sul petto e con occhi torvi:” Non c’ero quando loro sono morti, tu hai fatto tutto. E’ impossimages1ibile che io debba avere solo parte di questa terra, e la più brutta, quella che non produce, perché sulla pietra.”

Il tuo è solo un pretesto, cerchi di convincermi, ma non darò niente del mio a nessuno. Non mi incanti più, lo hai fatto una vita. Ho anch’io settant’anni, cosa credi, e voglio godere il campo, per Dio!”

Che cazzo! Un repentino istinto di difesa m’ha mosso a picchiarlo prima che, abilissime, le sue mani si muovessero in un gesto d’ira e ben presto lo avessero portato a prevaricare la mia forza. Cristo, la mia forza! Falciavo grano giornate intere, tagliavo le siepi, zappavo con inconsueta gioia tutta la vigna in poche ore e trovavo il modo di cantare allegramente, di tracannare il vino senza ubriacarmi e perdere il ritmo. E le mule, perfino le mule, gli asini, i cani avevano paura delle mie gridate. Ma non volevo ammazzarlo, solo dargliene una buona passa. Invece, cazzo, m’è caduto ai piedi stramazzando.”

Scansafatiche, non voleva lavorare mai. Si riteneva artista e vagabondo con quattro studi che aveva fatto in città. E pretendeva di sottomettermi.”

Oh, la sua bontà però: Era debole, perché asciutto, sempre magro e più bello di me. Ma Cristo, non sapeva dire di no a nessuno. Lo chiamavo ad annaffiare, lo pregavo di raccogliere l’uva, e che divertimento assieme, senza mogli e figli. Tornavamo giovani e spavaldi, perfino il viso tingemmo col mosto, come quando eravamo bambini, per evidenziare il bianco dei denti. E come sapeva cantare. Tacevano le cicale, e si, pure il vento, le mucche, il cane. Nominava spesso un Orfeo e si diceva simile in tutto. Una volta quando fui malato e stanco, sarchiò lui tutta la vigna, rampando anche gli ulivi e potando.”

Ho il cuore spezzato. Possibile che lo abbia finito con le coltellate. O è un brutto momento, o forse sto solo sognando. Cazzo, se oggi non fossi venuto, o potevo appena ritardare di mezz’ora ! Mi sento i cento aghi del riccio nell’anima, come se un serpe maligno mi divora, un diavolo mi consuma. “E ora tu sarai maledetto, condannato a errare lungi dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue del tuo fratello dalla tua mano.” Cristo, la Bibbia. Parole di fuoco. Quel cavolo di prete me lo ha fatto apposta a leggere, domenica in chiesa, questo brano. Sto impazzendo ! Adesso tutti mi guardano con occhio malevolo. Sarò giudicato per quello che non sono, ed io in realtà mi sono pentito, pentito. Oh Dio, come dovrò mostrare che non avevo voglia alcuna d’ammazzare? Aiutami, se ci sei davvero.”

Nutrivo orgoglio e disprezzo per quel vile che mai ha voluto lavorare seriamente.”

Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà i suoi frutti, e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra.”

“”Vagabondo errante. Sarò zingaro purchè si finisca questa tortura.”images4

Forse è meglio scappare, o crepare pure io, essere sepolto in questa terra morbida e profumata che possiede la mia anima. Per difenderla ho ucciso. O scomparire dietro una delle crepe, tra i cespugli fitti, o camminare, camminare e camminare, essere deserto, coperto da una roccia, da una pietra, seppellito vivo, vivo, inghiottito di oscura sabbia, percepire il suo grido fievole, i suoi no urlati, la febbre delle mani che s’aggrappano ai miei fianchi..”

Impazzisco. Adesso volano pure le cornacchie e sopraggiunge la sera.”

Ah, la terra! Una costa sola che mi sembrava non finisse mai, battuta da tutti i venti, poche frasche, quattro ulivi e un pezzo di vigna. Maledetta terra, maledetta terra! O pazzo, o pazzo che sono stato!”

Cristo, non fossi mai nato, mai nato, mai cresciuto!”

Avessi almeno il coraggio di farla finita pure io.”

O di piangere. Alzare lo sguardo al cielo senza nessuna difficoltà, aspettare che qualcuno mi trovi e mi uccida!”

Sarò condannato. Una vita di prigione, di patimenti, senza potere rivedere la terra. O Dio, distruggimi se non posso ritornare in questo campo, cavami gli occhi, il sangue, il cuore, l’anima. Annientami perché non ho il coraggio di farlo da me e mi sento vile. Non volevo ammazzare mio fratello, non volevo! Mio fratello che nelle notti di luna rincorrevamo il mare per bagnarci nudi nello scuro delle acque. E che bellezza quella vita di fanciulli innocenti. Mio fratello, mio fratello. Maledetta terra e chi si vuole interessare di campi, di vigne, di ulivi. Maledetta terra ! Io ero il suo fratello migliore, quello a cui voleva più bene.”

PINO NERI ALL’AMICO ANDREA, NE CONOSCO IL VALORE E LA BRAVURA!!!

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