Giustizia tartaruga, scocca l’ora della protesta

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Di lentezza della giustizia non si muore, ma, di certo, si può invecchiare. I dati che stanno emergendo negli ultimi giorni e relativi a cause civili e del lavoro in vita nel tribunale cittadino generano, in effetti, forti perplessità. In entrambi i settori, infatti, spesso occorrono anni per arrivare a sentenza. I fascicoli giacenti sono innumerevoli, tutto si muove a rilento e chi si imbarca in liti giudiziarie finisce col trovarsi in un tunnel per uscire dal quale ci vogliono il più delle volte tanto tempo e tanta pazienza, oltre che tanti soldi. Ci vogliono pure buona salute e nervi saldi per evitare il rischio di lasciarsi travolgere dalle mille preoccupazioni che incidono a livello psicologico ed economico. Nel momento in cui i ritardi della giustizia civile e di quella del lavoro diventano oggetto di analisi e discussione non possono mancare segnalazioni di percorsi processuali tartaruga. Tra i tanti balza all’attenzione quello di un professionista vibonese che, a distanza di quattro anni a mezzo dal deposito del ricorso davanti al giudice del lavoro, è ancora lontano dall’arrivare ad una soluzione. L’uomo s’era rivolto ai legali di fiducia per contestare l’interposizione fittizia del rapporto di lavoro, nonché la nullità del licenziamento. Nello stesso tempo chiedeva che venisse accertato il rapporto di lavoro con la ditta interponente con conseguente ricostituzione del rapporto lavorativo e il pagamento di tutte le retribuzioni spettantigli. Il deposito del ricorso datava fine settembre del 2012. Il fascicolo finiva sul tavolo del giudice all’inizio dell’ottobre successivo e la prima udienza veniva fissata ai primi di luglio del 2013. In tale occasione, causa sciopero cui aderiva il legale dell’azienda e nonostante la decisa opposizione della parte ricorrente, il giudice rinviava l’udienza riservandosi di decidere l’applicabilità del “rito Fornero”. Successivamente scattavano una serie di rinvii d’ufficio sino ad arrivare all’udienza di trattazione nel marzo 2015. Tutto risolto? Neanche a parlarne.

Il giudice, infatti, nell’occasione, limitava il contraddittorio all’eccezione preliminare sollevata dall’azienda convenuta circa l’intervenuta decadenza dell’impugnazione del licenziamento concedendo alle parti i termini per la presentazione di memorie. Ancora altri rinvii sino ad arrivare all’emanazione di un’ordinanza con cui il giudice stabiliva che il ricorso venisse trattato nelle forme previste dal “rito Fornero” limitatamente alla domanda di reintegra e all’accertamento dell’interposizione fittizia fissando l’udienza a febbraio 2017. Udienza che, comunque, sarebbe dovuta servire solo per separare la causa per l’impugnazione del licenziamento da quella del risarcimento danni. In realtà, a febbraio l’appuntamento in aula è saltato per le note vicissitudini legate alla sede del nuovo palazzo di Giustizia e ad oggi non risulta fissata una nuova udienza. Il tutto in barba al cosiddetto “rito Fornero” approvato nel 2012 proprio per velocizzare le vertenze di lavoro. Non sarebbero state tenute in considerazione neppure le tante istanze indirizzate dal ricorrente all’organo giudicante per rappresentare la necessità di una velocizzazione delle procedure.

In realtà, dall’interruzione del rapporto di lavoro sono ormai trascorsi sei anni. Quattro anni e mezzo sono passati dall’avvio della causa, ma di attività processuale c’è ben poco, senza contare il tempo da preventivare per l’espletamento dell’attività istruttoria. Eppure il ricorso era stato presentato perché venisse dichiarata l’illegittimità del licenziamento, con conseguenti reintegra e risarcimento danni per una somma che ormai s’attesta attorno ai 200mila euro. A fronte dell’andamento lento della giustizia c’è un professionista, un padre di famiglia che da anni si trova senza lavoro e, oltre a vivere in difficili condizioni psicologiche, fatica, e non poco, a fronteggiare le esigenze di moglie e figlio. Il caso è stato portato all’attenzione del presidente del tribunale. Verrà il tempo della giustizia “gazzella” per le cause del lavoro o si continueranno a tenere i ritmi del civile che, tanto per fare un esempio, vedono un fascicolo riguardante la definizione di un limite aggirarsi sui tavoli del palazzo da oltre quarant’anni?

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