Martedì 16 giugno la Chiesa reggina – bovese ricorderà don Italo Calabrò nel trentesimo anniversario dalla scomparsa. Nonostante l’epidemia Covid-19 e le note restrizioni che impediscono gli assembramenti, l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fiorini Morosini, celebrerà la messa in suffragio del sacerdote reggino prematuramente scomparso nel 1990. La liturgia è prevista per martedì 16 alle ore 18 nella Basilica cattedrale di Reggio Calabria. Per facilitare la partecipazione di tutti, la messa sarà trasmessa in streaming sul profilo Facebook de L’Avvenire di Calabria.
Don Italo ha speso tutto il suo sacerdozio nella diocesi di Reggio Calabria – Bova a servizio totale di Cristo, della Chiesa e dei poveri in particolar modo. È stato educatore e insegnante nel Seminario arcivescovile, assistente dei giovani di Azione Cattolica e poi degli uomini cattolici (Fuic), segretario e direttore dell’Ufficio amministrativo diocesano, cerimoniere arcivescovile, parroco di San Giovanni di Sambatello, dove scelse di essere sepolto.
Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale dal 1959 al 1974; ispettore di Religione per l’Italia Meridionale dal 1965 al 1971. Presidente dell’Opera diocesana assistenza (Oda) dal 1955, nel 1970 venne poi nominato direttore della nascente Caritas diocesana, fu anche delegato regionale Caritas dal 1971 al 1985. È cofondatore di Caritas Italiana e per diversi anni ha ricoperto la carica di vicepresidente nazionale. Vicario episcopale per le attività assistenziali e caritative dal 1971, fu anche vicario generale dell’arcidiocesi di Reggio Calabria dal 1974 fino alla morte. Per tutti i reggini, don Italo Calabrò è stato l’amico dei poveri, educatore di generazioni di giovani, sacerdote buono: ha messo sempre al centro della sua vita sacerdotale il servizio ai più poveri.
Il sacerdote reggino seppe trarre dal Concilio Vaticano II tutta la forza innovativa che incarnò nella sua missione a servizio della gente dello Stretto. Determinante fu il suo contributo per l’adeguamento delle chiese agli orientamenti conciliari e in particolare per l’istituzione degli organismi consultivi diocesani. Manifestò le sue capacità anche nel corso dei 15 anni in cui, mentre era parroco di San Giovanni di Sambatello, fu anche vicario generale di monsignor Ferro prima e poi di monsignor Sorrentino. Don Calabrò ha contribuito in maniera decisiva alla realizzazione di due eventi d’eccezionale portata storica: la visita di Giovanni Paolo II nel 1984 e la Celebrazione del XXI Congresso eucaristico nazionale nel 1988, con la seconda visita di Wojtyla.
Don Italo ha saputo precorrere i tempi e ha colto i segni del cambiamento: la scelta dei poveri e la promozione del volontariato in anni in cui tali scelte non erano prive di ostacoli e incomprensioni; l’impegno per la pace e la non violenza: fu tra i primi in Italia a sostenere e a diffondere l’obiezione di coscienza al servizio militare; l’apporto della Chiesa per il Mezzogiorno. Condannò la mafia indicando alla comunità ecclesiale e civile la via della ferma denuncia. S’impegnò per fare uscire dagli istituti quanti più bambini, malati mentali, donne era possibile promuovendo anche la dimensione della giustizia per la realizzazione di leggi e strutture più umane e adeguate. Lavorò instancabilmente con i giovani, quelli del suo “Panella” innanzitutto, la scuola dove insegnò per tanti anni.
Durante gli anni della contestazione sessantottina, coinvolgendo studenti e giovani, don Calabrò diede vita al Centro comunitario Agape e alla Piccola opera “Papa Giovanni”, inizialmente collocata nella canonica della sua parrocchia di San Giovanni di Sambatello. Da quei piccoli semi fiorirono poi altre opere-segno: le Comunità d’accoglienza, i centri di riabilitazione, gruppi di volontariato da lui voluti e animati. Don Italo riservò un’attenzione particolare ai dimessi dall’ospedale psichiatrico reggino. L’ultimo suo progetto fu il Centro diurno polivalente per disabili “Tripepi Mariotti”, inaugurato dopo la sua morte.
Gli ultimi mesi della sua vita furono contrassegnati dal calvario della malattia. Da aprile a giugno la malattia lo consumò velocemente, fino all’ora della croce. All’alba del 16 giugno del 1990 don Italo si ricongiunse con il Signore che aveva fedelmente servito durante la sua esistenza terrena.
Il giorno del funerale la Cattedrale di Reggio era gremita di gente, poveri soprattutto, che piangevano l’amico premuroso, il fratello sempre vicino, il sacerdote di Cristo che ha saputo donare l’amore del Padre. Don Italo Calabrò, al di là delle molteplici iniziative da lui condotte, resta nel cuore dei reggini come uomo e sacerdote di fede incarnata nella storia del suo tempo, compagno di strada dei più deboli, uomo di fede capace di tessere la propria vita alla luce dell’amore e del messaggio di Cristo.
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