Riflessione della dott.ssa Vittoria Vardè sull’uso smodato della tecnologia.

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La tecnologiaa è entrata prepotentemente nella nostra quotidianità, ponendo le basi per una vita virtuale capace di creare una forte scissione tra la dimensione reale e quella digitale. Non tutto dipende dalla pandemia! Abbiamo sempre fatto un grande uso di strumenti digitali capaci di accorciare le distanze, di veicolare rapidamente le informazioni, di creare relazioni e di rappresentare validi strumenti di lavoro. Durante la pandemia le limitazioni imposte hanno circoscritto la nostra libertà e con essa è venuta meno una dimensione fondamentale dell’essere umano, ovvero la dimensione socio-relazionale. Diceva Heidegger: sein heibt mit sein: l’essere è essere con. L’Esserci trova “se stesso” innanzitutto in ciò che sta facendo, in ciò di cui ha bisogno, in ciò che si aspetta, cioè nell’utilizzabile intramondano di cui si prende cura; ed in questo incontrare l’altro ogni individuo trova se stesso. Le relazioni sociali infatti, sono un elemento fondamentale che contribuisce alla definizione dell’identità. Il gruppo dei pari rappresenta uno spazio transizionale che determina l’acquisizione dell’autonomia, la formazione del sè, l’assunzione di ruoli. La pandemia e le conseguenti limitazioni hanno colpito duramente i bambini e gli adolescenti. Le restrizioni di contatto hanno infatti minato fortemente, il benessere psicologico dei giovani con conseguenze aggravate soprattutto per coloro che già prima erano esposti a condizioni di fragilità. Privati della scuola, dello sport, del gruppo dei pari, del contatto con le figure di riferimento importanti, bambini e adolescenti si sono chiusi in un silenzio assordante. Un silenzio fatto di pensieri tristi, di emozioni represse, di paure, di perdita dell’autostima. esterna, un grande contenitore dalle illimitate capacità, che contiene i nostri rapporti, gli affetti, il lavoro…il nostro mondo! Nel momento i cui ci sconnettiamo, avvertiamo la sensazione della perdita, come se in quel momento venissero meno i punti fermi della nostra vita e si spezzasse il legame con l’Altro che altro non è se non colui attraverso il quale mi riconosco. Sarebbe bello mettersi alla prova! Anzi vi invito a farlo proprio mentre leggete questo articolo. Proviamo a disconnetterci e verifichiamo per quanto tempo riusciamo a staccare la spina! Per molti adolescenti, e non solo, il rapporto con il mondo digitale costituisce una vera e propria dipendenza. Ma la dipendenza dalla tecnologia non deve destare meno preoccupazione rispetto alla dipendenza delle sostanze chimiche. Il meccanismo che entra in atto anche nel caso dei device è sempre lo stesso, ovvero un attivazione del circuito dopaminergico della ricompensa. Cosa possiamo fare difronte a questo scenario che alimenta paura e solitudine? Credo che la risposta stia nell’ascolto autentico ed empatico dell’altro, nel fornire validi modelli di imitazione e di apprendimento, nel dialogo, nel recupero del contatto. Del resto il contatto può avvenire anche senza il contatto fisico, ma attraverso lo sguardo, l’atteggiamento, il tono della voce, attraverso le vibrazioni che si percepiscono quando usciamo dall’individualismo e incontriamo autenticamente l’altro. “ L’immagine che un adolescente mi rimanda è quella della bolla.” L’immagine della fragilità, del contenimento, della leggerezza, di chi soffre in silenzio. Ma c’è tanto rumore e tanto ruminare! In questo contesto di fragilità, gli effetti della pandemia hanno trovato terreno fertile, esasperando, in molti casi, l’utilizzo dei device! Ogni giorno attiviamo decine di volte lo schermo del nostro smartphone, digitiamo messaggi, facciamo ricerche, controlliamo i social. Siamo sempre connessi, e non riusciamo a smettere. Le ricerche suggeriscono che almeno 300 volte sblocchiamo il telefono. Un’ affannosa ricerca di gratificazione e conferme. Gli strumenti digitali, in particolar modo gli smartphone, costituiscono una sorta di memoria esterna, un grande contenitore dalle illimitate capacità, che contiene i nostri rapporti, gli affetti, il lavoro…il nostro mondo! Nel momento i cui ci sconnettiamo, avvertiamo la sensazione della perdita, come se in quel momento venissero meno i punti fermi della nostra vita e si spezzasse il legame con l’Altro che altro non è se non colui attraverso il quale mi riconosco. Sarebbe bello mettersi alla prova! Anzi vi invito a farlo proprio mentre leggete questo articolo. Proviamo a disconnetterci e verifichiamo per quanto tempo riusciamo a staccare la spina! Per molti adolescenti, e non solo, il rapporto con il mondo digitale costituisce una vera e propria dipendenza. Ma la dipendenza dalla tecnologia non deve destare meno preoccupazione rispetto alla dipendenza delle sostanze chimiche. Il meccanismo che entra in atto anche nel caso dei device è sempre lo stesso, ovvero un attivazione del circuito dopaminergico della ricompensa. Cosa possiamo fare difronte a questo scenario che alimenta paura e solitudine?

Credo che la risposta stia nell’ascolto autentico ed empatico dell’altro, nel fornire validi modelli di imitazione e di apprendimento, nel dialogo, nel recupero del contatto. Del resto il contatto può avvenire anche senza il contatto fisico, ma attraverso lo sguardo, l’atteggiamento, il tono della voce, attraverso le vibrazioni che si percepiscono quando usciamo dall’individualismo e incontriamo autenticamente l’altro.

 

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