In memoria di Luigi Mamone: avvocato, giornalista,poeta, scrittore.

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Adesso che non ci sei più, bevo l’amaro calice del quotidiano e mi chiedo come riuscirò a camminare da sola, in questo mondo malato.

Come farò a camminare senza la tua costante presenza nella mia vita.

Ci sei sempre stato, da quando ero bambina.

Come farò senza il vate della valle del Marro, senza  i nostri confronti, le nostre condivisioni, i nostri perché.

Sono qui accanto a me i tuoi “Ultimi canti da Sahngri-là” di argiroffiana memoria.

Li rileggo ogni giorno, solo ora capisco che avevi profetizzato tutto, in fondo il poeta è anche un profeta.

Ho preso il caffè,  ho pensato che tu oggi non lo prenderai e ho pianto.

Ho pianto il tempo della perduta felicità, il tempo dei sorrisi e degli abbracci, fratello mio.

Mi chiedo adesso come farò senza i tuoi abbracci, senza i tuoi consigli

Perdonami se non ho saputo leggere il tuo dolore, ma io ero fortemente convinta che fosse solo la malinconia e la solitudine care ai poeti.

Quella solitudine e quella malinconia che abitano con noi, che sono la nostra seconda pelle.

La solitudine di chi scrive, la nostra solitudine.

Tempo fa ti mandai  una foto di Cannavà, raffigurava  le antiche casette dei contadini che erano a servizio degli Acton di Leporano.

Ti scrissi:<<Indovina?>>.

Tu mi rispondesti:<< E’ da lì che parte la nostra storia>>.

La storia della nostra famiglia, caratterizzata dall’inchiostro, le toghe e le “stellette”.

La tua storia è stata un canto intriso di cultura ad ampio raggio, a 360 gradi; di impegno sociale; di dignità e orgoglio.

Una lotta pulita in un mondo di “cani e lupi” a due zampe, perché quelli a quattro zampe sono più umani.

“Cani e lupi” che adorano un solo dio: il dio denaro.

E tu,  per questo hai cercato un mondo migliore, a testa alta senza paura, andandotene in una fredda mattina di dicembre.

Sei partito verso un mondo migliore, oltre le nuvole, per raggiungere zio Gaetano e zia Filomena.

Sei tornato da loro, in una nuova “casa delle rose” quella che  amavi tanto e che spesso me ne parlavi.

Forse per questo nel freddo della morte, sembravi sereno, una bozza di sorriso, nel sonno eterno.

Ti immagino, cammini per l’etere e gli angeli ti donano le loro piume e tu continui a scrivere nuovi i canti, su fogli di nuvole.

Luigi fratello mio, mi manchi, ieri sera sono passata vicino al tuo studio, era quasi  buio, un freddo gelido ha attraversato il mio corpo, trafiggendo la mia anima, ho guardato in fondo al giardino, non c’erano le rose, avevi ragione.

Avevi ragione, come sempre del resto.

Luigi io ti ho voluto tanto bene, ti voglio bene, ti amerò tutta la vita.

 

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