REGGIO CALABRIA,ASSOCIAZIONE ANASSILAOS: INCONTRO SU PASOLINI.

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Si terrà giovedì 17 marzo alle ore 16,45 presso la Sala Giuffrè della Biblioteca De Nava, promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos congiuntamente con la Biblioteca e con il patrocinio del Comune di Reggio Calabria, il secondo degli incontri che il Sodalizio reggino dedica alla figura  e all’opera di Pier Paolo Pasolini, narratore, poeta, regista e giornalista tuttora “scomodo”. Tema di tale incontro “Pasolini e i miti del Novecento”, conversazione del Prof. Domenico Rosaci. Qualche giorno prima l’artista, di cui si celebra il centenario della nascita (1922-1975),  era stato al centro di una conversazione della Dott.ssa Daniela Scuncia, che ha ripercorso le fasi più significative della vita dello scrittore. Di certo – ha sostenuto la relatrice  – Pasolini “era uno di quegli uomini che ne nascono forse uno ogni secolo, come disse il suo amico Moravia alla sua orazione funebre”. Egli era uno scrittore, un poeta, un saggista, un autore di teatro, un regista, sceneggiatore, dialoghista, fondatore dell’Accademia di “lenga furlana”.  E’ stato anche un pittore; ha girato documentari per la televisione; scritto  libri di viaggio, sulla poesia, sulla lingua, sul teatro; si è occupato di costume e società,  anzi nei confronti della società del suo tempo fece quasi “da grillo parlante” con i suoi molteplici interventi sul Corriere della Sera, Paese Sera, Il Mondo, l’Espresso e tante altre testate, che provocavano sempre polemiche. E come il Grillo  del Pinocchio di Collodi morì quasi schiacciato dalla sua stessa automobile nella notte tra l’uno e il due novembre del 1975 all’idroscalo di Ostia.  Fu massacrato, lui l’artista sensibile e timido, che di notte viveva quasi un’altra vita andando ad osservare il mondo lontano dalla superficie, quello profondo e violento, quello mascalzone eppure  innocente, il mondo dove consentiva a sé stesso di essere omosessuale. Processi e persecuzioni – ha rilevato la Scuncia –hanno accompagnato una vita spinta sempre al limite. Egli non si sottraeva alle polemiche, anzi era spesso al centro di esse  a causa del suo disprezzo del conformismo e del suo stile di vita provocatorio. La sua visionarietà e l’estrema sensibilità con cui coglieva i mutamenti sociali, lo hanno trasformato in un profeta del nostro tempo, a danno del suo più autentico pensiero sempre complesso, articolato, spiazzante. In questi lunghi anni – ha affermato la Scuncia si è assistito a una sorta di beatificazione della sua  figura che alla fine, purtroppo, fa rima con banalizzazione. Rileggere Pasolini è forse il regalo migliore che possiamo concederci oggi. Di particolare importanza per lo scrittore il problema della lingua al quale dedicò  molti interventi sia sul dialetto e che sulla lingua italiana.  Fin dagli  esordi, adotta la poesia dialettale per recuperare il valore semantico e mitico della parola orale.  Egli vedeva nel dialetto l’ultima sopravvivenza di ciò che ancora è puro e incontaminato. Nel 1945 fondò l’Academiuta di lenga furlana, una sorta di laboratorio linguistico attraverso il quale cercherà di rendere onore al friulano occidentale, fino ad allora realtà linguistica soltanto orale. Molti sono  i testi in cui l’autore ripercorrerà le origini storiche, geografiche e culturali della tradizione orale. Fondamentale l’articolo Nuove questioni linguistiche apparso sulla rivista Rinascita nel 1964 che diede il via a un acceso dibattito tra gli intellettuali del tempo (Umberto Eco,  Maria Corti, Arbasino, Dante Isella, Moravia, Calvino. Secondo Pasolini, proprio nei primissimi anni Sessanta era nato l’italiano “come vera lingua nazionale”. Il fondo unificatore non è più il latino ma quella lingua “tecnologica” espressione di una classe dominante, formatasi nelle industrie del Nord Italia, che tende a – e ha la forza di – identificarsi con tutta intera la società.

 

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