Aprile

Nessun commento Share:

Aprile è il quarto mese dell’anno in base al  calendario gregoriano, e il secondo della primavera nell’emisfero boreale, dell’autunno nell’emisfero australe, conta 30 giorni e si colloca nella prima metà di un anno civile.

Secondo alcune interpretazioni, il nome deriva dall’etrusco Apro, a sua volta dal greco Afrodite, dea dell’amore, a cui era dedicato questo mese.

Secondo altre teorie, il nome deriva invece dal latino aperire (aprire) per indicare il mese in cui si “schiudono” i fiori e le piante.

Nell’antico calendario romano Aprile era il secondo di dei 10 mesi ed in esso si svolgevano tre festività legate alla fertilità e alla coltivazione dei campi, nonché considerato mese di rinascita dopo il letargo invernale.

Aprile: solo a pronunciare questo nome rivedo mia nonna Grazia e Comare Cata preparare i sguti  o cuduredi(pane con le uova)e i viscottina(biscotti) della tradizione Pasquale.

L’aria era intrisa del loro buonissimo profumo, che ancora oggi sento  danzare nell’aria, nel periodo pasquale.

Rivedo la madia, sento il calore del forno e il profumo delle felci, usate per preparare la scopa, che serviva per pulire il forno, prima della cottura. Ricordo che spesso il venerdì santo spirava il vento tra gli ulivi e mia nonna Caterina  diceva fosse “il vento dei sepolcri”.

Nonna  Caterina il venerdì santo non si pettinava in segno di lutto per la morte di Gesù.

Un altro ricordo legato alla Pasqua sono  i “ piatti du granicèdu” i cui germogli ornavano l’altare della chiesa di santa Teresa, per i Sepolcri il Giovedì Santo.

Il rito di allestire i sepolcri nelle chiese e di addobbarli per il giovedì santo è una tradizione cristiana orientale bizantina che ebbe una grande diffusione nelle regioni meridionali.

Tuttavia l’origine  è antichissima e affonda le radici nel lontanissimo passato, precisamente all’epoca dei Fenici.

Essa ricorda gli altarini di germogli di infiorescenze sterili e ornamenti floreali simbolici, denominati “I giardini di Adone”, personaggio della mitologia greca di grande bellezza, morto prematuramente giacché ucciso da un cinghiale mandatogli contro dal geloso Ares. Dalle lacrime versate da Venere per la morte del suo amato Adone nacquero gli anemoni, fiore fragilissimo e delicato, simbolo di amore, ma anche di dolore e di morte.

Per la simbologia cristiana l’anemone è legato alla crocifissione di Gesù perché è un fiore che nasce dal sangue di Cristo ai piedi della croce  . Naturalmente allora queste cose non le sapevo.

Ma amavo controllare insieme a mia nonna  la crescita dei germogli, che lei sistemava sotto nella credenza, perché dovevano stare in un luogo buio.

Ma aprile è il mese dei peschi e dei ciliegi  in fiore , del profumo della terra, dei papaveri principi del prato, delle margherite, dei giacinti, dei narcisi, del glicine che si veste di grappoli violacei , del caprifoglio, delle serenelle e  delle giunchiglie.

I prati del borgo natio erano un tripudio di profumi e colori.

Gli alberi si riempivano di nidi canterini forieri di speranza.

Persino nel podere di nonno Ferdinando  lungo la “mastra”, tra le pietre, qualche fiore solitario salutava il nuovo sole con le sue foglioline soffuse di un pallido rosa, o venate di pallide righe violacee.

Gli usignoli tornavano a cantare tra gli ulivi all’alba e al tramonto , insieme agli uccellini cinguettanti e chiassosi.

I comignoli non fumavano più , l’inverno era finalmente finito.

Io e le mie amiche passeggiavamo tra gli ulivi, giocavamo a tennis nel cortile dove abitavo.

Ricordo la pasquetta del 1983, era pomeriggio, Tina  Pillari era venuta a trovarmi, c’era il sole, la dolcezza della primavera ci avvolgeva , ci accarezzava.

Abbiamo giocato a tennis tutto il pomeriggio, ogni tanto mia mamma si affacciava al balcone per guardarci.

Quello era il nostro mondo, fatto di cose semplici: profumi, sapori, preghiere, allegria, vivevamo quel presente senza pensare al futuro.

Ricordo un’altra Pasqua, avevo 20 anni e mille  sogni, o forse un solo sogno, con papà siamo andati a  Rizziconi  per vedere “l’Affruntata”; indossavo un tailleur rosa , elegante, che seguendo ancora la tradizione, avevo prima indossato  la Domenica delle Palme, per non smentire il proverbio di nonna: “Di parmi e di fiuri, sparmanu i signuri,i pasca e i natali sparmanu i vedani”.

Il tailleur  era rosa come il mio sogno e  ricordo, poi  di averlo indossato l’anno successivo, per l’arrivo nella Diocesi del  vescovo Mons. Domenico Crusco.

Papà indossava la fascia tricolore perché era Assessore al Comune di Rizziconi ed era stato delegato dal sindaco a presenziare alla cerimonia.

Ho un bel ricordo di Mons. Crusco, così come ricordo un altro aprile, un‘altra pasqua, un sogno chiamato amore , un amore puro e cristallino,  di una dolcezza indescrivibile, mai più provata.

Ma non è rimasto che polvere,  i miei soni sono diventati polvere, l’amore che ho  sepolto in una bara è diventato cenere.

Aprile  mi riporta alla strada della Ferrandina che porta in terra Mamertina, i   peschi, i ciliegi e  i papaveri sembravano ancora più belli.

Le rondini, ormai tornate, danzavano nell’aria, come la speranza. Quell’anno avevo spedito una lettera dall’ufficio postale mamertino, era  intrisa di amore e sogni. Mi fu chiesto: ”Sai chi erano i mamertini? “

Certo che lo sapevo, amavo e amo la storia.

Come ho accennato prima, Il giorno di Pasqua si andava a Rizziconi a vedere l’Affruntata,  ossia l’incontro tra la Madonna e Gesù risorto.

Le statue  vengono fatte uscire dalla chiesa parrocchiale in momenti diversi, Maria ricoperta da un velo nero, viene nascosta in una via del paese. E’ a quel punto che san Giovanni seguito da un’altra processione raggiunge Maria  e la informa che Gesù è risorto: a questa notizia, Maria parte subito alla ricerca di Gesù, e dopo un pò finalmente avviene l’incontro. In quel momento esplode  improvviso il suono delle campane, il velo nero della Madonna viene fatto cadere. E’ un momento magico che mi emozionava infinitamente, piangevo e piango ancora oggi.

Ad aprile nel pollaio nascevano i pulcini erano così graziosi, di un meraviglioso giallo, ancora oggi vedo mia nonna Caterina intenta ad accarezzarli.

Aprile è il mese del mio onomastico:  Caterina come mia nonna paterna e come la mamma di mio nonno paterno Ferdinando, forse per questo , il mio onomastico era un evento importante, tantissimi auguri e regali.

Adesso che il mio piccolo mondo antico è scomparso, anche aprile è saudade.

Non ci sono più le mie nonne, né il borgo natio, né i sogni.

Un pezzettino del mio cuore è rimasto su un pesco della Ferrandina e sogna ancora, mentre le rondini disegnano origami nell’azzurro cielo.

E’ aprile , è arrivata Pasqua, non  andrò all’Affruntata, è finito il tempo del tailleur rosa, della speranza, dei sogni , il mio cuore è divenuto un cielo di piombo.

Oggi sono andata alla celebrazione della passione di Cristo e all’uscita della chiesa, un caldo sole mi ha investita, da qualche parte un uccellino cinguettava, per un attimo ho ritrovato la dolcezza e la magia della mia infanzia e dell’adolescenza al borgo natio e ho rivisto il tailleur rosa.

Per un attimo ho ritrovato la dolcezza di aprile e ho baciato la perduta  felicità.

Condividi questo Articolo
Previous Article

A Limbadi secondo incontro nel segno di Matteo Vinci

Next Article

SANITA’, PER “ALI DI VIBONESITA’” LA SFIDA DI ROBERTO OCCHIUTO E’ UNA SPERANZA    

You may also like