Intelligence, Alessandro Rosina al Master dell’Università della Calabria: “L’Italia deve realizzare una rivoluzione demografica, includendo gli immigrati, dando spazio alle donne, facendo lavorare e studiare i giovani, valorizzando gli anziani. La demografia ha effetti indubbi sulla sicurezza nazionale”.

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“Demografia e Sicurezza Nazionale” è il tema della lezione tenuta da Alessandro Rosina dell’Università “Cattolica” di Milano al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Rosina ha esordito chiarendo tre elementi concettuali chiave che introducono la demografia, che, a differenza di altre discipline, è capace di cogliere il cambiamento sociale attraverso analisi di medio e lungo periodo.

Da questo punto di vista è maggiormente attendibile per previsioni sul futuro, permettendo di tracciare programmi a lungo termine.

La demografia si occupa dei processi e dei cambiamenti in corso, come quelli del secolo in corso, che possiamo riassumere nelle quattro “I”: l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione, l’impatto ambientale e l’innovazione tecnologica.

Il XXI secolo potra essere quello della qualità della crescita e non più della quantità. Il docente ha inoltre indicato che il cambiamento avviene attraverso il ricambio generazionale, che permette di interpretare il futuro.

Questo cambiamento avviene attraverso un ricambio qualitativo e la differenza consiste nel miglioramento che è in grado di generare.

Secondo Rosina il primo cambiamento epocale si è avuto con il Neolitico: prima di questo evento, l’uomo, spinto dall’istinto alla sopravvivenza, per soddisfare essenzialmente il bisogno di mangiare, era cacciatore e raccoglitore.

La rivoluzione del Neolitico, favorita da un cambiamento climatico, ha determinato un cambiamento radicale del suo approccio alla realtà: non più stanziale, abituato a comportamenti confinati nel presente, ma costretto a prendere consapevolezza del concetto di futuro, dovendo programmare le proprie scelte per assicurarsi la sopravvivenza.

Si è verificato, quindi, un ribaltamento dello schema di sopravvivenza: anziché andare alla ricerca del cibo è il cibo che viene prodotto dall’uomo, per cui da raccoglitore diviene coltivatore; da cacciatore diviene allevatore.

Da qui è iniziata l’organizzazione sociale con i primi insediamenti, dando vita a collaborazioni e specializzazioni: le prime civiltà e le prime città.

Il secondo cambiamento ha determinato l’inizio della modernità, che sebbene coincida con la scoperta dell’America, in realtà è stata determinata dalle conseguenze economiche e commerciali delle scoperte scientifiche.

Infatti si sarebbe affermato un nuovo approccio culturale che permetteva un ulteriore ribaltamento: non sarà più l’uomo che si adatta alla natura, ma il far adattate la natura ai bisogni dell’uomo.

Secondo Rosina l’uomo ha modificato la realtà in funzione dei propri bisogni per migliorare le condizioni di vita. Questo avviene attraverso la combinazione della rivoluzione scientifica, della rivoluzione industriale e della rivoluzione demografica che aumenteranno le condizioni di sicurezza e di benessere, ma aprono anche a nuovi rischi.

Il docente afferma che il metodo scientifico è stato il punto di partenza di un percorso in cui è cambiata la modalità di lettura della realtà, non più basata sul senso comune del singolo, il quale ha un’esperienza limitata e quindi soggetta a errore, ma quello differenziato dell’approccio razionale che, benché non infallibile, è ideato e pensato in maniera tale da limitare gli errori.

Questo permetterà una riduzione delle complessità della realtà, consentendo l’inserimento nei processi decisionali di informazioni che seppur caratterizzate da un certo grado di incertezza, sono basate su dati più attendibili.

Ad esempio, nei processi dell’economia, significa ammettere la centralità del rischio nel momento in cui si comprenderà che gli imprevisti possono essere una conseguenza delle attività e delle decisioni umane, non più quindi attribuibili al fato o alla fortuna.

Il docente ha poi spiegato che il concetto di rischio viene applicato alle condizioni di vita, aumendo salute, sicurezza e possibilità di sopravvivenza.

Quindi la capacità di non dare per scontate le condizioni preesistenti, genera il cambiamento, agendo per il suo aumento, se positivo, o per la sua riduzione, se negativo.

Rosina ha illustrato le osservazioni di John Graunt che compì stime sul tasso di mortalità della Londra del XXVII secolo, mettendo in luce la necessità di capire le cause. L’intellettuale inglese si era quindi soffermato sul “rischio che non è visibile” attraverso l’analisi del rischio presente, facendo comprendere la necessità di prevenire i rischi futuri.

Secondo il docente, con il nuovo atteggiamento, con i progressi della scienza e con le nuove tecnologie, l’umanità è riuscita, in tutti i Paesi, di vivere più a lungo e con una migliore qualità della vita.

Rosina ha rilevato che adesso non si rispetta più l’equilibrio tra numero della popolazione e risorse alimentari disponibili sul pianeta, imponendo cambiamenti continui, che possono determinare sia miglioramenti che peggioramenti, che investono drammaticamente le nuove generazioni.

Il docente ha dunque evidenziato che “se è vero che questa relazione positiva tra il vivere più a lungo e in condizioni materiali migliori è quella che si è realizzata negli ultimi due secoli, va contemporaneamente ribadito che ma non è affatto scontata per il futuro e quindi ogni generazione deve affrontare nuive e impegnative sfide”.

Occorre allora effettuare uno sforzo continuo, generazione dopo generazione, perché il nostro stile di vita continui a migliorare.

Rosina ha poi ricordato che in Italia la durata media di vita nel 1861 era di 32 anni, con un altissimo tasso di mortalità infantile. Il processo di cambiamento demografico ha determimato che prima si riducessero i rischi di mortalità dell’età infantile, poi dell’età adulta (sopratutto per le guerre) e adesso dell’età anziana.

Questa circostanza dimostra che ogni nuova generazione si è trovata in condizioni diverse da quella precedente, con il risultato che ogni generazione ha aggiunto 7/8 anni in più all’età media di vita.

Stiamo, quindi, vivendo sempre più a lungo per cui dobbiamo capire come utilizzare vantaggiosamente questi anni di vita in più.

Per Rosina al concetto di futuro occorre collegare il concetto di rischio per cui il problema è rappresentato dalla “ipersemplificazione”, ovvero dalla sottovalutazione del rischio che non consente di gestire in maniera appropriata le incertezze che dominano il mondo attuale, caratterizzato da una crescente complessità.

Questo meccanismo di sottovalutazione del rischio ricorre, per esempio, nel caso di scelte politiche impopolari, per cui i decisori, posti davanti alla possibilità di un insuccesso elettorale, optano per la non scelta o il rinvio del problema alle generazioni future.

Secondo Rosina l’altro elemento decisivo è quello di valutare i rischi e assumere decisioni in condizione di incertezza.

Pertanto, occorre sviluppare capacità di leggere il rischio per migliorare il mondo in cui viviamo, sia a livello di chi determina le scelte e sia rispetto a chi le accetta e ne sperimenta la conseguenze.

Rosina ha affermato che le persone devono essere messe in condizione di comprendere la realtà, di interpretare il mondo che cambia, di riconoscersi come parte del cambiamento e di cogliere le opportunità all’interno della complessità.

Se non forniscono adeguati strumenti per interoretare una realtà, sempre più complessa e in continuo mutamento, si manifesta l’ipersemplificazione e quindi la manipolazione.

Per il docente, la variazione del peso demografico di ciascun paese del mondo oggi condiziona i rapporti di forza sell’ordime mondiale.

I Paesi occidentali ridurranno il proprio peso demografico mentre altre aree del mondo, in conseguenza del loro aumento demografico, tenderanno ad aumentare il proprio ruolo geopolitico.

Occorre dunque considerare la transizione demografica, una delle principalinconseguenze è che la base della piramide della popolazione tende ad assottigliarsi, mentre tende ad allargarsi nella parte medio-alta cioè quella anziana.

Negli ultimi anni, la crescita si sta concentrando sempre di più in Africa, dove è in atto una esuberante crescita demografica, determinando inevitabili flussi migratori, che si indirizzeranno prevalentemente nello stesso continente ma che coinvolgeranno in modo rilevante anche l’Europa.

Questa trasformazione impone risposte qualitative all’Europa, che se investe seriamente sulla qualità della formazione delle nuove generazioni avrà ancora notevoli prospettive di crescita e di prosperità, nonché di solidità della sicurezza democratica.

Se al contrario, si combina fragilità quantitativa e incapacità di investire adeguate risorse il declino sarà qualitativo con un radicale ridimensionamento della qualità della vita per i cittadini e del ruolo politico globale.

Il docente ha sostenuto che l’Italia tende a gestire l’immigrazione come un’emergenza. Si tratta di un modello che non funziona nell’immediato perché, a differenza di altri Paesi europei, non abbiamo un’eredità coloniale e non abbiamo avviato per tempo accordi sul lungo periodo, come ha invece saggiamente fatto con Siria e Turchia la Germania, che qualche decennio fa aveva una condizione demografica molto simile alla nostra.

La Germania, infatti, rappresenta un modello nel contesto europeo, poichè, agendo sulle leve della fecondità e sulle politiche di integrazione, ha saputo attrarre immigrati e invertire la tendenza della fecondità.

Ha ottenuto questi risultati attraverso politiche di rafforzamento della famiglia (conciliazione con il lavoro, sostegni alla maternità, servizi all’infanzia, aiuti economici) e con politiche sull’immigrazione, estendo pienamente le politiche della famiglia anche a favore degli immigrati, trasformando la struttura sociale tedesca.

Secondo il docente sono proprio questi gli elementi che vanno rafforzati. Infatti, anche in Italia c’è bisogno di immigrati ma nella misura in cui riusciamo a sviluppare delle politiche di integrazione di qualità.

A segnalare il nuovo record negativo delle nascite nel nostro Paese è l’ultimo report dell’Istat del 2022 sugli indicatori demografici, che fotografa una situazione in cui la popolazione residente continua a diminuire, per effetto di un eccesso di morti sulle nascite, e conseguentemente a invecchiare.

Il docente ha quindi evidenziato potrebbe fare il nostro Paese per invertire questa tendenza demografica, che è stata definita “la spirale del degiovanimento”.

A riguardo ha fatto l’esempio della Torre di Pisa, in cui si è trasformata una situazione di difficoltà (l’edificio che stava cadendo) in un caso di successo (un’opera d’arte unica al mondo).

Usando questa metafora legata alla storia migliore del nostro Paese, ha indicato che l’Italia può agire mettendo in campo estro creativo e competenze scientifiche, attraverso l’invenzione di soluzioni tecnologiche innovative e originali.

Secondo Rosina, l’Italia potrebbe trasformarsi in un edificio stabile e sicuro, senza il rischio di implodere o di creare forti tensioni interne solo se sarà in grado di combinare quattro leve in maniera concomitante.

La prima è l’immigrazione, attraverso la qualità dell’inclusione e dell’integrazione, con una gestione non emergenziale ma strutturale.

La seconda è l’occupazione femminile, dove presentiamo oggi uno dei tassi di occupazione tra i più bassi d’Europa. Questo aspetto può rappresentare un notevolissimo rafforzamento quantitativo della popolazione attiva italiana che si può raggiungere mettendo in campo delle politiche di conciliazione che agevolino maternità e lavoro.

La terza è il potenziamento delle nuove generazioni. Infatti, la bassa natalità, protratta per molto tempo, ha fatto si che il nostro Paese, a livello europeo, sia quello con meno giovanima nello stesso tempo quello con meno giovani che lavorano e studiano (i cosiddetti Neet). Con adeguate politiche si potrebbe ridurre il numero dei Neet inserendoli nel curcuito produttivo e formativo, con evidenti benefici per la comunità nazionale.

La quarta è raporesentara dalla valorizzazione degli anziani. In Italia: c’è una popolazione crescente nella fascia di età tra i 65 e i 74 anni in cui ci si arriva in buone condizioni di salute e con elevati titoli di studio. Oggi, con le potenzialità delle tecnologie e con la propensione a rimanere attivi a livello sociale, si tratta una forza notevolissima che puó essere valorizzara, poiché dispone di competenze ed esperienze preziose.

Rosina ha concluso affermando che se riusciamo ad agire organicamente su queste quattro leve, potremmo essere in grado di spostare l’Italia verso una maggiore solidità e percorsi più virtuosi, tenendo conto che la demografia ha effetti diretti e indubbi sulla sicurezza nazionale, sia all’interno che all’esterno del nostro Paese.

In questo modo, potremmo continuare a produrre sicurezza e benessere. Se, peró, tutto rimarrà come è stato sinora, gli squilibri tenderanno a peggiorare, per cui sarà sempre più difficile fermare il declino e attuare un’autentica inversione di tendenza.

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