La chiesa della Madonna della Neve a Verbicaro

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La chiesa della Madonna della Neve è l’edificio pubblico più antico e di maggiore rilievo storico e artistico di Verbicaro, in provincia di Cosenza. Sorge in cima a una rocca, nel quartiere Bonifanti, la parte medievale del paese. È di piccole dimensioni, a unica navata, architettonicamente essenziale. L’entrata è laterale e si apre su una delle due pareti longitudinali. L’interno è ornato da affreschi di santi e madonne, segni evidenti, come vedremo, di almeno tre fasi decorative diverse.
La prima, più antica e finora inedita, è testimoniata dai resti dell’immagine di un Santo Vescovo, affrescata in una piccola nicchia della parete a destra dell’entrata. I caratteri figurativi sono tipici dell’arte bizantina, gli stessi presenti negli affreschi della chiesa dello Spedale a Scalea e in quelli dei sottarchi della chiesa di Sant’Adriano a San Demetrio Corone, sempre in provincia di Cosenza, la cui datazione è stata compresa tra la fine dell’XI e la seconda metà del XII secolo.2Analogamente, lo stesso intervallo di tempo può essere indicato per datare il Santo Vescovo di Verbicaro. Esso, dunque, è segno di una fondazione medievale della chiesa della Madonna della Neve, a conferma dell’antichità dell’edificio, tradizionalmente riconosciuta, e del quartiere in cui esso sorge, insediamento abitativo originario attorno al quale si è sviluppato nei secoli Verbicaro.
Alla seconda fase appartiene la gran parte degli affreschi, quelli sulla parete di fronte all’entrata, e forse anche quello raffigurante la Madonna del Latte e una Pietà. Sono opera di un maestro locale di notevole originalità, pure in un contesto artistico che ancora ricordava la tradizione bizantina.3 La teoria di santi monaci e di madonne con bambino è raffigurata con linee morbide e sinuose, colori intensi ma discreti, frutto di una riflessione artistica autonoma, che è sintesi di tradizione e nuove tendenze pittoriche. Il valore degli affreschi della Madonna della Neve è proprio in questo aspetto di originalità, di nuovo e di vecchio che convivono in un’unica, armoniosa espressione. La figura evanescente di Santa Lucia è l’evidenza di tale sintesi. Inserita in una teoria di santi che ricorda le solenni e ieratiche immagini bizantine, è però una giovane donna elegante e raffinata, dal viso luminoso, in un abito dal ricco panneggio, espressione di un atteggiamento e quindi di un gusto nuovi.
In una delle due madonne con bambino, la prima da sinistra sulla parete di fronte all’entrata, l’autore della seconda fase decorativa, che indico come il Maestro di Santa Lucia, sublima l’originalità di cui ho detto in una straordinaria modernità. La Madre è giovanissima e ingenua. Ha i capelli lunghi, blandamente raccolti dietro la schiena. Si è sciolta ormai la matura e distante severità delle solenni maestà medievali. Il Figlio è un adulto, rappresentato con il corpo di un bambino. Forse anche il Maestro di Santa Lucia, come il giovane Michelangelo nella Pietà, si è ispirato a Dante: «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio».
Una terza fase decorativa sembra testimoniata dall’affresco di San Marco e San Leonardo. È simile a quelli del Maestro di Santa Lucia, ma se ne differenzia in modo sensibile per il tratto più marcato e spigoloso che dà vita a figure meno eleganti. Questo fa pensare che l’autore abbia utilizzato come modello gli altri affreschi e così induce a dare un ordine cronologico alle due opere, a considerare cioè il ciclo con Santa Lucia e la Madonna con Bambino precedente all’affresco con San Marco e San Leonardo. Di quest’ultimo sono note l’epoca e la committente, indicate nella scritta «HOC OPUS f(acere) f(ecit) DONNA DOMENICA DEDONATO DAMEL.. MCCCCCXXXVIIII», posta sul margine inferiore del dipinto. Stando così le cose, se la seconda fase decorativa ha ispirato la terza, l’opera del Maestro di Santa Lucia deve essere datata prima del 1539, verosimilmente alla fine del Quattrocento.

Gli affreschi presi in esame ornano due delle quattro pareti della chiesa della Madonna della Neve. Sulle altre ci sono frammenti policromi di intonaco, segni evidenti che anche le pareti oggi spoglie erano state decorate. In particolare, sulla parete a sinistra dell’entrata si è conservato un frammento di affresco che mostra un santo con mitria e pastorale, insegne dell’episcopato. Una tradizione di culto presente a Verbicaro lo farebbe identificare con San Biagio, patrono della diocesi di Cassano Jonio (di cui Verbicaro ha fatto parte fino al 1979) e santo scelto nel 1623 dall’universitas civium verbicarese come suo protettore. Infatti, San Biagio è dipinto anche, con la Madonna del Carmine e Santa Caterina, in una tavola custodita nella chiesa parrocchiale dell’Assunta, commissionata nel 1767 dall’amministrazione civica al pittore Genesio Gualtieri di Mormanno.

Il frammento di affresco del presunto San Biagio sembrerebbe appartenere alla seconda fase decorativa. Questo vuol dire che l’interno della chiesa della Madonna della Neve, in quella occasione, era stato in gran parte affrescato. Così, la piccola chiesa in cima alla rocca di Bonifanti divenne, alla fine del Quattrocento, un vero e proprio gioiello di arte, essenziale all’esterno, policroma, raffinata, preziosa all’interno, anche in questo retaggio della tradizione bizantina di tanti edifici — dalla Cattolica di Stilo al San Marco di Rossano — la cui semplicità esterna custodiva un interno variamente ornato. Era una rappresentazione bizantina, in forme architettoniche e artistiche, della concezione cristiana dell’uomo: un corpo di materia corruttibile che racchiude l’anima, sostanza vitale e preziosa. E anche un modo per dire che laricchezza autentica è oltre l’aspetto esteriore. Una verità senza tempo.
In linea con il senso ideale dell’architettura delle piccole chiese di tradizione bizantina, sparse sui rilievi di tanta parte dell’Italia meridionale, la semplicità dei tratti e la discreta per quanto intensa cromaticità del Maestro di Santa Lucia, esprimono una leggerezza che di certo riusciva, di quando in quando, a liberare i contemporanei dai legacci della quotidianità. Mostrava loro la santità in forme nuove, composta ma non distante, giovane e fresca eppure compiuta. La preghiera che ne scaturiva doveva essere dialogo, la manifestazione della fede scelta lucida e consapevole. Un sentire autentico, senza interferenze o mediazioni, che l’arte rendeva alla portata di tutti.
La chiesa della Madonna della Neve è di fondazione medievale, questo indica il suo affresco più antico, il Santo Vescovo dipinto nella piccola nicchia. Dovrebbe risalire all’epoca in cui, a pochi chilometri a nord-ovest di Verbicaro, nell’attuale territorio di Orsomarso, fioriva il monastero greco di San Nicola di Donnoso, del cui archivio André Guillou ha pubblicato gli unici quattro documenti superstiti, prodotti tra il 1031 e il 1061. Il monastero greco di San Nicola è un segno certo della frequentazione del territorio a sud del fiume Lao intorno all’XI secolo. Da quella frequentazione potrebbe aver avuto origine la chiesa di Bonifanti e il primo nucleo urbano di Verbicaro.

Foto di copertina su gentile concessione di di Angelo Rinaldi

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