Di Maio intervistato sul decreto dignità. Sull’immigrazione si allarga il fronte UE che accetta la redistribuzione.

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Decreto Dignità: In un confronto televisivo con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, Luigi Di Maio ha chiarito maggiormente il percorso che intende seguire per risollevare l’occupazione. Sulle novità introdotte in ambito di contratti a tempo determinato, ha quindi specificato di non voler “creare occupazione con un decreto”, ma di voler “ripristinare diritti”. Il ministro di Lavoro e Sviluppo economico è quindi brevemente tornato sulle previsioni sospette dell’Inps, definendole “senza alcun valore scientifico” e osservando che è “una questione da chiarire ancora”. Boccia ha ammesso di trovare a sua volta eccessive le stime, chiarendo però che a preoccupare gli industriali non è l’occupazione, ma il turn over. Il presidente di Confindustria ha quindi proposto modifiche al decreto, ponendo come priorità l’innalzamento della durata del contratto a tempo determinato senza causale da 12 a 24 mesi. Di Maio ha preferito concentrarsi sulla possibilità, già in sede di conversione del decreto, di incentivi per stabilizzare i contratti a tempo determinato e renderli a tempo indeterminato. Il vicepremier ha poi ribadito che entro fine anno opererà sul cuneo fiscale con interventi “importantissimi”, chiudendo infine con una riflessione: “Il Pil che sale non rappresenta la felicità dei cittadini, è mio dovere occuparmi del benessere delle persone”.

Immigrazione: Si è unita anche l’Irlanda al gruppo di Paesi Ue disposti alla redistribuzione dei 450 migranti sbarcati ieri a Pozzallo e nelle prossime ore anche il Belgio potrebbe dare il proprio ok. Per enfatizzare l’importanza dell’evento, Palazzo Chigi ha osservato che i migranti oggi per la prima volta “sono sbarcati in Europa”. La giornata si è però contraddistinta per uno scontro tra Viminale e Ue sui respingimenti in Libia. All’osservazione di Salvini sulla necessità di “cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuro”, Bruxelles ha infatti risposto che non saranno presi in considerazione sbarchi in Libia in quanto il paese nordafricano non è un porto sicuro, come valutato dalla Corte europea dei diritti umani. Una specifica a cui Salvini ha controreplicato chiarendo che in questo modo si favorisce il “lavoro sporco degli scafisti”. Nel frattempo sono emersi dettagli sui morti della traversata, con quattro persone che parrebbero aver perso la vita prima del trasbordo sulle navi di Frontex e della Guardia di Finanza, a cui si aggiungono altre otto morti in Libia, tra cui sei bambini, causate dalle esalazioni di benzina del tir dove erano stipate più di cento persone.

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