Intervista all’artista Mimmo Morogallo

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Il Maestro Mimmo Morogallo che con la sua arte ha incantato il mondo, in vacanza nella sua Gioia Tauro,  lo abbiamo incontrato e ci ha concesso la seguente intervista.

 

1)Maestro Morogallo quando ha avuto inizio il suo percorso artistico?
Sin da ragazzo a me piaceva disegnare, però mio padre non voleva, perché desiderava che io frequentassi l’Istituto Nautico, infatti l’ho frequentato per due anni.

Dopo i due anni ho lasciato la scuola e sono andato a Genova con l’intenzione di studiare lingue.

Ho lasciato anche questa scuola e finalmente ho frequentato l’Istituto d’Arte, seguendo così la mia passione.
Ho iniziato a frequentare gallerie d’arte e pittori e ho così iniziato a dipingere.
Mi sono poi imbarcato sulle navi da crociera, dove truccavo i passeggeri per le feste  e questo mi  ha  permesso di farmi conoscere ad un pubblico qualificato(collezionisti e critici d’arte).
Poi negli anni 60 ho sperimentato la tecnica dei bassorilievi con la sabbia ed è stato un successo. Nel 70 ho conosciuto Leonida Repaci, ho realizzato sculture in tutto il mondo, entrando così in un circuito internazionale, conoscendo persone importanti e soprattutto imparando cose nuove.

2) Che cos’è per lei la pittura?
Per me la pittura è fonte di vita, mi permette di immortalare su una tela le bellezze della natura. E’ qualcosa di sublime, soprattutto nel nostro Sud perché noi abbiamo il sole, il verde dei prati, l’azzurro del mare. La pittura è armonia, è amore è passione.

3)  Ci parli dei suoi numerosi viaggi al l’estero? Per esempio   a New York che atmosfera ha trovato?

A seguito alle personali allestite presso gli Istituti Italiani di Cultura in Australia, Canada e   Argentina, ho intrapreso anche  contatti in USA.

New York come Chicago  e Philadelphia sono città aperte.

Nessuno si preoccupa di quello che fai, c’è molta più libertà. L’energia che si sente è pazzesca.

In America come in Canada molte persone ricche, si impegnano a promuovere e a sostenere l’arte.

In paesi come l’Italia, Francia o Spagna è l’esatto contrario, più ricchi sono e più sono disinteressati alla cultura.

In Europa spariscono i grandi mecenati di una volta, mentre negli Stati Uniti è ancora viva l’idea di dover restituire alla società una parte di quello che la società ti ha dato.   Allora è più facile lavorare perché c’è un comune state of mind (stato mentale) di disposizione al progresso culturale.

4 )C’è un pittore in particolare a cui si ispira?
Prima amavo molto gli acquaioli livornesi, dopo gli impressionisti.

Io mi definisco un pittore impressionista moderno.

Anche perché ho studiato Renoir, Cèzanne e Van Gogh.

Strada facendo mi sono creato tecniche mie.

I miei soggetti vengono dal quotidiano, da dentro le case.
Emilio Argiroffi chiamava i miei dipinti: ”i quadri morogalliani”.

Il mio forte sono i ritratti con la tecnica della velatura. Io ho studiato la tecnica del ritratto in Spagna con Luis Del CIerro.

5) Ci sono altre forme di arte visiva da cui trae l’ispirazione, magari il cinema, il teatro o la letteratura?
Solo la letteratura. In particolare i libri di Corrado Alvaro, per esempio “Gente in Aspromonte”. Ho esposto i quadri ispirati ad Alvaro a San Luca per il Centenario dello scrittore e poi in America. I giornali americani scrissero : “Con Morogallo Corrado Alvaro sbarca in America”.
Mi ha ispirato anche la vita di San Francesco da Paola.

6)  Nelle sue opere concorrono figurazione e astrazione. Dove finisce una e inizia l’altra?

Nel  mio processo pittorico non riesco a partire dall’assenza della figura. Ci riesco tecnicamente, ma, quando avviene, quello che ne deriva è privo di anima, di nervo. Ho sempre bisogno del dato visivo, figurativo, di partenza. Poi durante il processo questo si può perdere. Il mio processo pittorico è molto istintivo, ma anche riflessivo. Ho fasi di lavoro forti, veloci, ma poi ho dei rallentamenti. A un certo punto l’immagine sfugge, certe parti dei lavori perdono la definizione, con stratificazioni cancellature, ripensamenti. Tali ripensamenti mi permettono di coprire una parte di immagine quando non funziona. Posso toglierla senza toglierla, non eliminandola ma facendola diventare altro.

7)Diventa quasi una pittura processuale, nelle sue opere si ritrova quindi non solo l’esito finale, ma il suo pregresso, la sua costruzione…

Questo è fondamentale: il fatto che in un mio quadro tu riesca a leggere i vari strati e i passaggi fatti per realizzarlo, certo non in modo didascalico, ma organico. Questo ti mette in una condizione di instabilità, ti trovi in continuo passaggio tra i vari strati. Li metti a fuoco con passaggi diversi. L’immagine si muove nella tua testa. Il movimento è uno strumento che mi interessa usare per generare forme inaspettate.

8)Quali  tecniche o formati predilige?

Il formato grande è quello in cui mi ritrovo maggiormente.

Anche a livello di sensazioni, mi fa stare bene. Nei formati più piccoli   funziona ugualmente, ma quasi all’inverso, quasi fosse una costrizione. Il limite mi permette di trovare strategie diverse. Dipingo quasi esclusivamente a olio perché è una materia lenta, che mi permette di stratificare.

9)Il suo colore preferito?
Il rosso bordeaux.

10) Perché fare pittura oggi?

Da un lato per resistere. È una forma di resistenza. Dall’altro, per me importantissimo, per restituire dignità ai pittori, per riappropriarsi dell’importanza che ha la pittura in un mondo in cui non le viene riconosciuta. Un pittore è ancora oggi una persona in grado di vedere delle cose in un modo che altri non vedono.

11) Cosa pensa dell’arte moderna?

Io amo l’arte antica, che spesso la trovo molto più moderna dell’arte moderna.

Uno dei problemi dell’arte moderna, secondo me è l’eccessiva immediatezza.

Vedo un’opera per un minuto e tutto finisce lì, questo perché spesso le opere sembrano più degli scherzi, dei trucchi, delle provocazioni, hanno una vita cortissima. Per me sono troppo limitate. Perciò io volutamente sono rimasto con l’idea del classico, di dipingere il bello della natura, il mare, le montagne, il paesaggio del Sud in particolare.

Noi artisti dobbiamo soltanto stare attenti a non storpiare il paesaggio che riportiamo sulla tela, questo accade con i molti improvvisati “pittori della domenica” che non conoscono la giusta luce, proporzione e profondità   del soggetto che stanno dipingendo.

12) Qual è allora il rapporto tra arte e società oggi?

Purtroppo credo che sia un rapporto debole. Molte persone sconosciute hanno un bellissimo rapporto con l’arte, il vero pubblico è quello anonimo, capace di apprezzare davvero e fare commenti sinceri. Quando le persone diventano ufficialmente “pubblico” allora perdono il rapporto con l’arte.   Oggi con Internet rischiamo di perdere il fascino del mistero.  Troppe informazioni uccidono l’eroticità di una cosa che è poi il suo mistero, la voglia di scoprire, la curiosità. Quello che abbiamo oggi non è realmente informazione.   Internet è diventato l’intrattenimento del secolo come lo è stata la televisione nel secolo scorso. Stiamo diventando dipendenti da tutti questi strumenti tecnologici, ma l’arte vera è un’altra cosa.

13) Ci parli brevemente del Premio da lei istituito, “Il Premio Calabria-America” che tanto lustro dà alla Calabria.
Il premio è già giunto alla XXII edizione, ed è nato con l’intento di mettere in luce le eccellenze calabresi, che come me, si sono affermate in tutto il mondo.
Nel corso di questi anni ho portato a Gioia Tauro eccellenze di tutto il mondo ed è per me motivo di orgoglio.

Quest’anno  è saltato a causa della Pandemia.

14) In questo periodo a cosa si sta dedicando?

Ho appena finito un dipinto dedicato alle mie nipotine Bianca e Sveva.

15)  Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Ho contatti su Milano e Genova, e per l’inizio dell’anno prossimo Roma; ma è tutto in divenire. Nel mondo dell’arte è sempre tutto molto fluido.

 

 

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