Appello all’unità dei Riformisti. Una piattaforma comune per il futuro della Calabria.

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Pubblichiamo nella sua stesura integrale la nota di Emilio Mastroianni del Coordinamento delle Associazioni:

“In uno scenario politico contraddittorio, dove spicca la frammentarietà e l’irrilevanza della comunità politica riformista calabrese, nelle scorse settimane, si sono incontrate e confrontate le associazioni Laboratorio Riformista Calabrese, LabDem, Istituto Cultura Politica “Sen. G.Petronio”, Federazione Riformista di Rende, Circolo “Avanti” Giacomo Mancini di Cosenza, Associazione Salvemini, Associazione Liberal Socialista Calabrese, Circolo Socialista “V. Gallizzi”  Piana di Gioia Tauro.
All’esito del confronto, le associazioni hanno deciso di sottoscrivere un documento-appello, dal quale emerge la preoccupazione per lo stato della Calabria, che si presenta come l’ultima regione del Paese, con tutto il carico dei gravi problemi nel settore della sanità, con il suo isolamento infrastrutturale, senza alcuna politica di difesa del territorio e delle sue emergenze, con un’alta disoccupazione giovanile e femminile e con un evidente arretramento di tutti i servizi collettivi.
Altresì, le associazioni, hanno concordato di coordinare le future attività con l’obiettivo di proporre ai calabresi, nelle prossime settimane, una PIATTAFORMA RIFORMISTA capace di affrontare problemi atavici di una terra meravigliosa, sfruttata a vario titolo da classi dirigenti spregiudicate o subordinate al potere centrale, che non hanno mai saputo costruire una prospettiva concreta di sviluppo.

Il documento programmatico di base approvato.

Dopo un lungo ed approfondito confronto le Associazioni hanno elaborato una bozza di piattaforma programmatica rifomista ed hanno deciso, altresì, anche per il futuro di coordinare le proprie attività culturali e politiche.
Per le Associazioni che sottoscrivono, il liberismo globale ha prodotto nel mondo multipolare odierno l’impoverimento della classe media, la concorrenza tra le classi lavoratrici dei paesi più avanzati con quelle dei paesi emergenti, determinando nel mondo del lavoro delle situazioni con un evidente carattere schiavistico.
Tale contesto, inoltre, ha causato la marginalizzazione del lavoro dipendente, ha prodotto lavoro precario e lo scandaloso arricchimento di minoranze neo-oligarchiche sia nei paesi dove tuttora vige un sistema democratico, sia nei paesi che si caratterizzano per un evidente autoritarismo. Peraltro, la fine del mondo bipolare e dell’impero sovietico, proprio nei paesi ex comunisti, ha prodotto sistemi formalmente democratici ma in realtà oligarchici ed autoritari.
Purtroppo, si registrano molti sviluppi negativi anche nei paesi dell’occidente più avanzato, tendenti a privilegiare culture neo sovraniste e populiste, caratterizzate nel nostro continente anche da visioni euro-scettiche. Tutto ciò è il prodotto di politiche dell’Unione Europea non sempre adeguate ad aggredire e sconfiggere, da un lato le crisi di natura economica e, dall’altro, le crisi derivanti da eventi globali imprevisti, come la pandemia da Coronavirus; anche se, per onestà, bisogna riconoscere che, con il varo del Recovery Fund, l’UE sembra aver cambiato indirizzo.
Nel nostro Paese, in Italia, questo scenario globale, ha favorito il successo di forze politiche di destra, nazionaliste ed anti-europee, e, contemporaneamente, ha fatto esplodere la crisi del welfare state e, quindi, dei partiti e dei movimenti di ispirazione social-democratica. Nel centro sinistra si evidenzia la quasi scomparsa di forze qualificate di centro e la crisi di identità del Partito Democratico, che paga i prezzi di una fusione a freddo, senza aver ricercato e raggiunto una comune identità ed una condivisa visione di come dovrebbe essere il nostro Paese.
A questo scenario preoccupante si aggiunge la presenza del Movimento 5 stelle, tuttora indefinito nella sua identità e nei suoi contenuti, che in questi anni ha sempre portato avanti battaglie di retroguardia sotto il profilo culturale, soprattutto contro la democrazia rappresentativa; il Movimento 5 Stelle, addirittura, dovrebbe essere una delle forze portanti del futuro centrosinistra e si dice che vorrebbe aderire al Partito Socialista Europeo. Per dirla in poche parole, si può affermare che questo tempo ci consegna una crisi profonda della politica; crisi profonda certificata, in Italia, dalla necessità di affidare, da parte del Presidente della Repubblica, l’incarico di formare un nuovo governo al prof. Draghi, eminente personalità riconosciuta in tutta Europa per le sue qualità e per la sua competenza, che ha dato luogo ad un governo dove sono presenti tutte le forze politiche, tranne Fratelli d’Italia a destra e il piccolo partito di sinistra guidato da Fratojanni, che si sono posizionati all’opposizione.
Il governo Draghi, in altri termini, ha sancito la profonda crisi delle istituzioni e della politica italiana.
Del resto, il Presidente della Repubblica è stato costretto a scegliere questa soluzione, dal momento che era impensabile portare il Paese al voto durante una pandemia disastrosa, tuttora in atto, che miete centinaia di migliaia di vittime e con la conseguente grave crisi economica, che ha creato ulteriori disagi ai ceti deboli e ai territori marginalizzati come il nostro Mezzogiorno. Certamente, i primi atti del governo Draghi possono definirsi sostanzialmente positivi, poiché si è prodotta una accelerazione della campagna vaccinale e si sono definite le schede del Recovery Fund, inviate in tempo utile (entro il 30 aprile) all’esame dell’Unione Europea.

In questo contesto globale e nazionale, il Mezzogiorno arretra sempre di più. A tal proposito, non si può essere certamente contenti del ruolo riservato alle regioni meridionali nell’ambito dello stesso Recovery Fund, che ha fatto registrare un trasferimento notevole di risorse verso il nostro Paese.
Trasferimento di risorse che è più alto rispetto agli altri paesi dell’Europa, soprattutto, per la necessità di far recuperare al Mezzogiorno il suo grave ritardo, in modo che il nostro Paese, nel suo complesso, potesse dare  un forte contributo all’Unione Europea nella sua strategia di guardare a sud verso l’Africa e verso il Medioriente.
In ogni caso, ci auguriamo che quanto previsto nel Recovery per le regioni del sud, sia celermente attuato. Purtroppo, in questo desolante scenario del Mezzogiorno d’Italia, la Calabria si presenta come la “Cenerentola” del Paese, con i suoi gravi problemi nel settore della sanità in crisi, con il suo isolamento per carenze delle infrastrutture trasportistiche, con la sua alta disoccupazione giovanile e femminile, con un evidente arretramento di tutti i servizi e con gravi problemi di tranquillità e di sicurezza della collettività, che, ahinoi!, si accompagna ad un affievolimento della tutela dei diritti fondamentali del cittadino e delle comunità. A tutto ciò si aggiunge la gravissima crisi economica, del mondo produttivo e del lavoro, del turismo e dell’agricoltura.
È del tutto evidente che in Italia si avverte l’assenza di un grande movimento liberal-socialista, riformista, organizzato nella forma del partito politico. Ma ai giovani, che rappresentano il nostro futuro, non possiamo limitarci a raccontare i successi della sinistra italiana, e del movimento socialista italiano in particolare, dalla fine del 19° secolo fino a qualche decennio fa.
Un partito della tradizione socialdemocratica di stampo europeo che ha avviato il riscatto dei ceti meno abbienti, di chi è rimasto indietro, che si è battuto per i diritti civili, che è stato protagonista della battaglia per la Repubblica e che, con il primo centrosinistra di Moro e Nenni e con il governo di coalizione guidato da Craxi, ha dimostrato come attraverso le riforme si possa perseguire la crescita economica e, nel contempo, la giustizia sociale.

Ai giovani noi abbiamo il dovere di indicare la strada del riformismo, che è una metodologia, che, attraverso la gradualità delle riforme, mira alla giustizia sociale e alla tutela di tutte le libertà, oggi, per fortuna, garantite dalla nostra Costituzione.

Ma indicato il percorso, i grandi ideali e la metodologia, ai giovani dobbiamo presentare una piattaforma programmatica che indichi con puntualità tutte le riforme da realizzare per favorire, da un lato la crescita economica e dall’altro una più equa distribuzione della ricchezza, che determini il riscatto dei più umili. Per restare allo scenario della nostra regione, i movimenti riformisti che oggi, intendono coordinarsi per far sentire la voce di questa intramontabile cultura, definiscano tale piattaforma programmatica, che affronti, con chiare ed incisive proposte, i nodi più drammatici che oggi affliggono la società calabrese: dalla sanità alle infrastrutture, dall’ambiente ai rifiuti, dal sistema produttivo alla funzionalità dei servizi, per arrivare a riforme incisive che risolvano la drammatica situazione del lavoro femminile e giovanile.

Ben sapendo che la prima riforma deve riguardare l’ordinamento regionale, per pervenire ad una Regione che riacquisti il ruolo ad esso assegnato dalla Costituzione: di legiferazione, di programmazione, di indirizzo e di controllo, dismettendo gli attuali panni di Ente di Gestione e trasferirli alle Province e ai Comuni associati.
A voler tacere della necessità di elaborare proposte concrete per sconfiggere ogni forma di organizzazione criminale e, nel contempo, tutelare, non solo formalmente, i diritti garantiti dalla Costituzione. Ovviamente, dette garanzie debbono marciare insieme a politiche che assicurino sicurezza, legalità e trasparenza.

Il nostro augurio è che lo sforzo che noi stiamo compiendo possa suscitare interesse da parte di quanti sognano una Calabria libera da ogni forma di condizionamento, in cui trionfino confronto democratico, crescita economica, occupazione per tutti, in particolare per giovani e donne, ed un livello di qualità della vita per come i calabresi meritano”.

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