Riaperto il Parco archeologico dei Tauriani.

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E’ stato riaperto al pubblico oggi, a Palmi in provincia di Reggio Calabria, il Parco archeologico dei Tauriani, alla presenza del sottosegretario ai beni e alle attività culturali con delega al Turismo Dorina Bianchi che, nell’occasione, ha anche annunciato che il Mibact ha trovato i fondi per ulteriori lavori di per il recupero degli affreschi della Cripta di San Fantino che e’ collegata al Parco con un nuovo percorso turistico. Tale cripta – lo ricordiamo – assieme a quella di San Nicola di Bari e alla Chiesa di San Marco a Venezia, è l’unica in cui si puo’ celebrare anche il rito ortodosso.

Il parco archeologico dei Tauriani “Antonio De Salvo” è ubicato a Palmi, nella zona in cui anticamente sorgeva l’antica città di Tauriana (o Taureanum). Il parco, con i suoi attuali tre ettari di estensione, occupa la parte centrale di un pianoro dominante la costa Viola. È stato realizzato con fondi APQ Beni culturali Calabria e con un finanziamento dell’Amministrazione provinciale di Reggio Calabria ed inaugurato il 17 settembre 2011.

Il parco è intitolato ad Antonio De Salvo (Palmi, 25 giugno 1851 – 20 gennaio 1924), medico chirurgo grazie al quale si devono, nel XIX secolo, le prime scoperte archeologiche sull’antica città bruzia e romana di Tauriana. Nel 1885, in occasione della costruzione del ponte sul fiume Petrace della Ferrovia Gioia Tauro-Palmi-Sinopoli, il De Salvo scoprì materiali dell’età neolitica mentre, nel 1900, scoprì ed illustrò armi e suppellettili della prima età del ferro, rinvenuti presso la zona denominata Ponte Vecchio. Nel 1906 venne nominato ispettore onorario per le antichità e belle arti del Circondario di Palmi. Le sue opere principali, in materia archeologica, sono Notizie storiche e topografiche intorno Metauria e Tauriana, edito a Napoli nel 1886, e Ricerche e studi storici intorno a Palmi, Seminara e Gioia-Tauro, edito anch’esso a Napoli nel 1899.

Verso la fine del XIX secolo, i rinvenimenti archeologici fortuiti e la redazione di una carta topografica da parte dello storico palmese Antonio De Salvo che ricordava i ruderi ancora visibili a quel tempo, segnarono l’inizio di un interesse storico-archeologico verso quel pianoro ove, fino all’anno 951, sorgeva l’antica città di Tauriana. Nel XX secolo cominciarono invece le indagini nell’area, poco distante dal parco, dove sorge ancora oggi il tempio di San Fantino. Le indagini aumentarono a partire dal 1995, con le campagne di scavi archeologici condotte a cura della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, in collaborazione con università italiane e straniere. Significativa, in questo periodo fu, l’azione sistematica e appassionata di un gruppo di volontari di Palmi, denominatisi Movimento Culturale San Fantino, già impegnati dal 1998 con l’Adozione ufficiale del sito di San Fantino. I volontari hanno reso fruibile l’area del parco promuovendolo attraverso una attenta e regolare cura e manutenzione seguita dalla programmazione di visite guidate gratuite aperte a tutti. L’ attenzione e il coinvolgimento a più livelli suscitati e la importante partecipazione di pubblico registrata in circa venti anni hanno reso possibile il completamento dei lavori di scavo,recupero e studio dell’area, culminato nel settembre 2011 con la firma della apposita convenzione triennale con la Soprintendenza di Reggio Calabria e la sezione reggina di Italia Nostra.

Le strutture rinvenute, ed evidenziate all’interno del parco, sono le seguenti: a) capanne di 4.000 anni fa; B) impianti urbani della città (prima brettia poi romana); C) architetture pubbliche, sacre e private come la “casa del Mosaico”; d) il “santuario urbano”, da tutti conosciuto come la “casa di Donna Canfora”; e) una strada romana; f) un edificio per spettacoli di forma circolare, che già a fine Ottocento lo storico Antonio De Salvo, nell’opera Metauria e Tauriana, aveva immaginato si trattasse di un anfiteatro. Inoltre fa parte del parco, la medievale Torre Saracena. Il percorso del parco è segnato da alcuni pannelli esplicativi.

Strada romanaDella grande strada urbana passante per l’antica Tauriana, si conserva la pavimentazione in basoli di dura pietra locale. Da essa si accedeva alle gradinate dell’edificio per spettacoli. La sua prosecuzione, fuori città, conduceva alla via Popilia, importante asse viario di collegamento tra Reggio Calabria e Capua-Roma.

L’edificio per spettacoli. Si tratta di un’architettura singolare nel panorama italiano, che presenta la forma di un teatro ma nasce come anfiteatro per manifestazioni ludiche, come i combattimenti tra gladiatori. Occasionalmente la struttura poteva destinata a rappresentazioni teatrali. La sua capienza sarà stata di circa 3.000 spettatori.

Quartiere abitativo. Nella parte sud del pianoro è visibile un settore del quartiere abitativo brettio-romano nel quale, ai lati della strada, è possibile leggere la sovrapposizione delle strutture romane su quelle brettie.

La città brettiaDella Tauriana “brettia” (I secolo a.C.) è possibile ammirare la «casa del mosaico», così chiamata per il rinvenimento di un mosaico figurato che, insieme a un letto di bronzo decorato in argento e pietre preziose, abbelliva un ambiente identificato come sala da banchetto. Il letto è attualmente esposto nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Al centro della sala, era collocato il mosaico realizzato con minute tessere policrome. Vi è rappresentata una scena di caccia con due cavalieri ed un portatore di lance che si dispongono ai lati di un orso, ferito. Completano la scena, dominata da un grande albero, un cane, un felino e un cinghiale.

Santuario romano. Dell’area sacra, dedicata a una divinità ancora sconosciuta, sono oggi visibili i resti di un alto podio (m. 10×20 ca) e di un triportico. Originariamente il complesso presentava decorazioni e rivestimenti in pietra locale, marmo e stucchi. Testimonianza archeologica particolarmente significativa di questa nuova fase romana è la costruzione di questo edificio religioso sul ciglio ovest del pianoro di Tauriana, la cui tipologia è un “unicum” nel contesto architettonico e religioso della Calabria antica. La sua costruzione comportò una modifica del precedente abitato brettio come testimoniato, tra l’altro, dall’obliterazione della canaletta quadrangolare con i bolli, messa in luce un paio di metri ad ovest del tempio. L’edificio sacro è orientato a nord-est e s’inquadra tipologicamente tra i templi su podio di tipo etrusco-italico: l’alto podio quadrangolare, impiantato su una fondazione alta 2,25 metri, impostata a sua volta sul banco di roccia naturale, era realizzato in opus caementicium. Un paramento in mattoni rivestiva parzialmente l’elevato, su un paio di laterizi è ancora leggibile il negativo del bollo (C) Numitori, già noto a Palmi poiché impresso su alcuni mattoni rinvenuti fortuitamente, nel secolo passato nell’area di Tauriana. L’accesso era costituito da una scalinata, oggi non più conservata, ed era situato verosimilmente sul lato breve nord, una struttura porticata, di cui si conservano i muretti a livello di fondazione, lo circondava su tre lati secondo un impianto edilizio consueto per l’architettura religiosa del tempo. Dell’elevato superiore non si è conservato nulla, labili tracce di resti murari sono visibili sul piano orizzontale secondo un doppio orientamento E-W e S-N, ma risulta difficile dire se si riferiscano ad una partizione interna o ad un altare. Secondo testimonianze verbali non più verificabili, sul piano di calpestio orizzontale sarebbero state viste impronte circolari in malta relative con molta probabilità, al colonnato. La scelta di erigerlo nel punto più visibile del pianoro dalle pareti a strapiombo sulla costa, non fu casuale: il tempio, a ridosso del ciglio nord, quasi isolato o comunque emergente dal resto del contesto abitativo, sarebbe stato immediatamente visibile a chiunque navigasse da settentrione.

Villaggio protostoricoAl di sotto della fase brettia e romana, non ancora visibili, vi sono i resti di capanne di un villaggio dell’età del bronzo, attivo per circa mille anni, a partire da 4.000 anni fa. Le capanne sono realizzate con alti muri in pietra e tetto in materiale deperibile.

All’interno del parco archeologico sono collocate sei sculture d’arte, realizzate in blocchi di marmo bianco, opere degli artisti Maurizio Carnevali, Patrick Crombé, Raymond Lohr, Marit Lyckander, Luca Marovino e Maria Rucker. Le sculture sono state realizzate nel luglio 2012 per il simposio denominato Marmytos 2012.

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