Adriana Musella interrogata in procura sui fondi pubblici.

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Adriana Musella, figlia dell’imprenditore campano Gennaro Musella, ucciso a Reggio Calabria da un’autobomba nel 1982, è indagata dalla Procura di Reggio Calabria. Ne dà notizia il Quotidiano del Sud. L’indagine si articola nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza per accertare presunte irregolarità nei finanziamenti pubblici concessi al settore dell’antimafia con l’ipotesi investigativa che presume siano stati utilizzati in modo non del tutto consono e conferente

Adriana Musella è presidente dell’associazione Riferimenti – Gerbera Gialla, e di recente ha inaugurato a Limbadi l’Università dell’Antimafia, in un immobile confiscato alla famiglia Mancuso. Adriana Musella è sotto accertamento nell’ipotesi di appropriazione indebita dalla procura di Reggio Calabria. “Non mi sorprende, avendo sollecitato io stessa l’accertamento della verità”
Musella è stata interrogata dal pm Sara Amerio e dal procuratore aggiunto Gerardo Dominjianni. “C’è stato un interrogatorio e Musella ha risposto. Adesso esamineremo la documentazione prodotta in quella sede” conferma il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.

La stessa Musella sulla sua pagina facebook ammette “è in atto un’indagine a mio carico”, pur sostenendo che “non mi sorprende, avendo sollecitato io stessa l’accertamento della verità” dopo la pubblicazione di una serie di articoli riguardanti le attività dell’associazione. E conclude: “La mia coscienza è tranquilla e continuerò a lavorare come ho sempre fatto. Spero di poter superare questa ulteriore prova che la vita mi riserva”.

Già un anno fa, peraltro, Il Corriere della Calabria aveva messo in luce una serie di criticità nella gestione dei finanziamenti ricevuti, in massima parte da enti pubblici. Nel giro di pochi anni, nelle casse dell’associazione Riferimenti, sono entrate diverse centinaia di migliaia di euro dalla regione Calabria, a seguito della firma di un protocollo triennale da 165 mila euro per la costruzione di un percorso antimafia in Calabria coinvolgendo altri enti e donazioni di privati e tesseramento soci.  Soldi che sembra siano stati utilizzati anche per incarichi assegnati a figli e familiari, pranzi e cene organizzati presso locali di parenti, calendari e libri stampati con fondi del Consiglio regionale e poi, sembrerebbe, siano stati acquistati dallo stesso Consiglio.

Sempre sulla pagina facebook di Adriana Musella, lei stessa scrive: “Gli esami non finiscono mai, diceva Edoardo, ed è proprio vero.

All’indomani di alcuni articoli di stampa che tutti ricorderanno, sono stata io, un anno fa, non avendo nulla da temere, a depositare spontaneamente tutti i documenti dell’associazione che presiedo, in Procura, al fine di rispondere a notizie giornalistiche che ritenevo lesive della mia immagine. E’ in atto un’indagine a mio carico.
Non mi sorprende ,avendo sollecitato io stessa l’accertamento della verita’. La mia coscienza è tranquilla e continuerò a lavorare come ho sempre fatto. Spero di poter superare questa ulteriore prova che la vita mi riserva.”

La stessa presidente Adriana Musella in precedenza sui social network e altri canali ha più volte confermato e rivendicato molte delle spese documentate dal Corriere della Calabria. «Preciso che mio figlio ha prestato attività in favore dell’associazione, unitamente ad altri, per la realizzazione di progetti che richiedevano specifiche competenze che lui come anche gli altri possedevano» – scriveva Musella in una “lettera aperta” pubblicata il 29 febbraio dell’anno scorso, per poi aggiungere «i tre ragazzi sono stati regolarmente retribuiti per questo progetto. Nel 2011, hanno continuato a collaborare ma inseriti in progetto diverso, quello annuale della Gerbera».  In più, precisava la presidente di Riferimenti, «in alcuni progetti ha lavorato anche l’altro mio figlio e non me ne vergogno per niente». Allo stesso modo è stata confermata dalla medesima presidente la collaborazione di altri familiari, più tutta una serie di elementi che Musella bollava come «pesante attività di delegittimazione», ma divenuti di interesse investigativo per la Procura e per la Finanza.

Tutto questo non giova alla causa dell’associazionismo antimafia, spesso criticato da molti e tra questi, in tempi non sospetti, vi era Leonardo Sciascia che, con la sua acuta cultura, puntava il dito verso i “professionisti dell’antimafia”.

 

 

 

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